mc martin school
Non vi parleremo di Bibbiano ma del caso McMartin
I casi come Bibbiano, che coinvolgono minori, sono i più delicati e per gli inquirenti muoversi con cautela, lontano dalle telecamere, è una prassi necessaria. La magistratura, in questo momento, sta portando avanti un lavoro complicato nel rispetto delle vittime, ne è la prova il ritorno dei primi quattro bambini alle famiglie già un mese fa ma che ci è stato riferito solo in questi giorni. La nube tossica della psicosi collettiva può infatti danneggiare le indagini, le vittime e anche gli imputati, quando questi risultino innocenti o coinvolti solo in aspetti marginali dell’inchiesta. Ce lo insegna il passato, in particolare il caso McMartin che, con le debite differenze, coinvolse un famoso istituto scolastico americano.
Potremmo definire la McMartin Pre-School una scuola modello e la proprietaria Virginia McMartin era stata premiata dalla comunità di Manhattan Beach, insieme alla figlia Peggy ed al nipote Ray Buckey, per l’impegno sociale. Erano una garanzia per i genitori che si rivolgevano alla pre-school per lasciare i propri bambini: si fidavano, o meglio, si sono fidati, fino a una data ben precisa.
In casi delicati come Bibbiano la nube tossica della psicosi collettiva può danneggiare sia le indagini che le vittime
Il 2 settembre del 1983, Ray viene arrestato e appena cinque giorni dopo, l’8, 200 genitori ricevono una lettera particolare. «Caro genitore: questo dipartimento sta conducendo un'indagine penale su presunte molestie su minori» comincia la missiva, che alla voce mittente recita, laconica: il capo della polizia di Manhattan Beach. Un passaggio successivo invita i genitori a collaborare alle indagini. C’è bisogno di aiuto, dice la polizia, per scoprire se ci sono stati abusi sui vostri figli. Fate loro delle domande.
Judy Johnson, madre di Matthew, 2 anni, il 12 agosto del 1983 aveva avuto dei sospetti. Sospetti macabri, violenti: il figlio, secondo Judy, ha subito molestie sessuali. «Da parte di chi?» chiede il centralino della polizia. «Da parte di Ray Buckey, figlio di Peggy e nipote di Virginia McMartin» dice Judy. Sì, proprio Ray, il fiore all’occhiello della scuola di Virginia: un venticinquenne un po’ strano per gli adulti, ma un mago coi bambini. E poi, è il nipote di Virginia, tutti si fidano di Virginia.
La lettera della polizia alle 200 famiglie di Manhattan Beach scatenò un'isteria collettiva che sarebbe durata mesi
Eppure, il 2 settembre Ray finisce in manette e cominciano le indagini. La casa di Ray viene perquisita, ma non c’è nulla. Matthew, nel frattempo, viene analizzato, ma non mostra segni di violenza. Così, mentre salta fuori che Ray si vestisse da Babbo Natale e abusasse di Matthew, la polizia convoca la dottoressa Kee Mac Farlane, del Children's Institute International (CII), per cominciare le indagini. Dopo poco meno di un anno, nella primavera del 1984, 360 bambini vengono dichiarati vittime di abusi.
La lettera, la particolarità dell’accaduto, le stranezze di Ray, sono tutti dettagli che fanno montare, come un tuorlo d’uovo, il caso. La Mac farlane, che guida gli interrogatori, e l'enorme pressione mediatica sembrano influenzare le voci dei bambini che cominciano a raccontare eventi sconcertanti: omicidi, stupri collettivi, rituali satanici. Dalle parole di più 400 bambini esaminati esce fuori il ritratto di un mondo al contrario. Un mondo di lupi e piccolissimi agnelli.
Il mondo delle vittime e l'esito delle indagini furono distrutti dall'enorme circo mediatico attorno al caso
Tutto impazzisce, esce dai confini losangelini e, come un morbo, infetta gran parte degli Stati Uniti. Si replica, in chiave contemporanea, una sorta di caccia alle streghe che potremmo definire “caccia allo stupratore”. Eppure, per quanto la dovizia dei particolari delle testimonianze possa spazzare ogni dubbio, la confusione, lo scandalo, il circo dei media cancella ogni speranza di trovare le prove.
Il problema, come abbiamo già visto, non è quindi il vegano contro il carnivoro, è il mercato. Lo stesso che, coperto dal paravento dell’etica, riesce a trasformare quel che tocca in oro per le proprie tasche e in letame per il resto del mondo. Che poi, magari fosse letame, nel caso si potrebbe parafrasare Fabrizio De André per pulirsi la coscienza. È piuttosto l’autodistruzione, la grande eredità che stiamo lasciando.