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L'influenza di Antonio Ricci sulla cultura italiana
Nella propaganda di Silvio Berlusconi, Antonio Ricci ha avuto lo stesso valore di Indro Montanelli. Così come lo storico giornalista – colui che fece per viltade il gran rifiuto di farsi seppellire nel mausoleo di Arcore – anche l’inventore di Striscia la Notizia è stata la scappatoia di Berlusconi da usare contro chi gli ha sempre apposto l’etichetta di “dittatore” dell’informazione. «Io sono un editore liberale, io pago Montanelli per parlare male di me» ha sempre sottinteso il magnate di Mediaset per tutelarsi dalle accuse di monopolio sui mezzi di comunicazione. Così, dipartito Montanelli, è toccato a Ricci assumere la guida di una corrente interna, ma opposta al sistema del grande Capo.
La verità che urla di Antonio Ricci
Ed effettivamente, il curriculum del più noto degli autori televisivi italiani, ben si prestava al personaggio di antagonista. Eppure, non diciamo un’ingiuria nel sostenere che il telegiornale satirico da lui ideato sia in realtà quanto di più allineato ci possa essere al povero linguaggio contemporaneo. Ricci però, non è solo Striscia. Anche per questo motivo, la sua figura di insider nel mondo berlusconiano ha sempre avuto una connotazione positiva. Le prime esperienze di Ricci, savonese, si legano a doppio filo con quelle di un altro ligure discretamente famoso: Beppe Grillo. Il connubio tra i due, ha portato in scena sulle reti Rai uno degli esperimenti più avanguardisti, per il tempo, in materia di satira politica.
Gli inizi di Ricci
Nel 1979 firma infatti la prima edizione di Fantastico, tipico varietà dell’epoca, che si trasformava però in avanguardia grazie unicamente alle incursioni dello stesso Grillo. Ricci, nel ‘83, abbandona la Rai, ma le fortune di Fantastico si associano ancora agli scalpori suscitati da Grillo con le sue note battute (lo sketch della “lavagna”, in cui prese di mira l’iscrizione alla P2 del socialdemocratico Pietro Longo nel 1983, quanto poi la battuta sui socialisti che segnò la fine dell’esperienza del comico sulla rete di Stato: «Ma se sono tutti socialisti, a chi rubano?» del 1986). Insomma, Ricci ha dimostrato di avere le palle, salvo poi nasconderle per i successivi quarant’anni. Così, dopo un inizio scoppiettante, Ricci ha ripiegato verso la televisione privata. Con la sua solita propulsione innovativa, anche Drive In spacca i teleschermi, nel vero senso della parola. Eppure, il declino della qualità prodotta sul piccolo schermo che segnerà gli anni successivi – fino ad oggi – s’intravede già nei lustrini delle prime scosciate della storia.
Quarant'anni di ripiego sulla TV privata
La comicità c’è, pur sempre meno irriverente, ma la catabasi di Ricci è appena cominciata. Il suo passato sovversivo aiuta a non allineare, almeno apparentemente, l’autore ligure al sistema di regime, ma non c’è nessuna ingiuria nel sostenere che, assieme a Federico Moccia (Tre metri sopra il cielo non è che la punta di un iceberg nascosto), Ricci sia stato uno dei corresponsabili della crisi culturale italiana targata Mediaset. Sia chiaro, ci sono stati altri fattori in gioco, ma guardando la persistenza di certi slogan nati proprio dalle sue trasmissioni, piuttosto che una tendenza al nudo senza alcun senso apparente iniziata con Drive In, le parole usate da Umberto Eco per descriverlo, suonano meno esagerate di quanto non appaiano. «Eco mi diede del criminale e ancora oggi non c’è definizione a cui tenga di più» ha sostenuto lo stesso Ricci, dimostrando che l’opinione di chi conta, può essere resa una macchietta qualsiasi, come se la dicesse quel besugo del Gabibbo.
Un talento sprecato
Quel che fa rabbia, è che dietro la maschera di voce libera, ma allo stesso tempo serva, ci sia davvero un grande talento. Un talento sprecato, o meglio, corrotto dal fascino della mondanità, per cui la verità non è tanto quella che scotta, quanto piuttosto quella che urla, che grida o che, semplicemente, rovina vite/carriere/reputazioni grazie allo scandalo. Veline, Velone, Paperissima sono il giusto corollario di chi poteva essere rivoluzionario, ma è stato solo, l’ennesimo, buco nell’acqua.
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