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La pandemia non ferma le armi. L'Italia aumenta le spese militari

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Secondo il rapporto dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) la spesa militare mondiale durante la pandemia è aumentata del 2,6% rispetto al 2019 - +9,3% nell’ultimo decennio -, sfiorando i 2.000 miliardi di dollari a livello globale. Un aumento che si registra in un anno in cui il prodotto interno lordo (PIL) è diminuito del 4,4% su scala mondiale, stando alle proiezioni di ottobre 2020 del Fondo Monetario Internazionale.

La spesa dell'Italia per le armi

Il Belpaese è al quinto posto in Europa per spesa militare, dopo Russia, Regno Unito, Germania e Francia, piazzandosi all’undicesima posizione globale, con una spesa per il 2020 che il SIPRI stima in 28,9 miliardi di dollari (+7,5% rispetto al 2019), pari a 25,4 miliardi €. «Dobbiamo vedere se il Recovery Plan prevederà sostegni indiretti all’industria militare. Ma la spesa militare diretta è in crescita, indipendentemente dal Recovery Plan: a dicembre 2020 si era registrato un aumento di 1,8 miliardi €», spiega a VD Francesco Vignarca della Rete Italiana Pace e Disarmo. «Per noi è un errore perché già nel 2020 avevamo chiesto una moratoria di un anno sull’acquisto di nuovi sistemi d’arma proprio per girare questi fondi alla sanità e alla scuola, ma non ci è stato dato ascolto», fa sapere. «Purtroppo abbiamo scelto le armi al posto di nuovi ospedali e nuove scuole: al posto di nuovi macchinari sanitari sono stati scelti pattugliatori d’altura, carri armati, cacciabombardieri, sommergibili ed elicotteri. Non a caso, aderiamo alla campagna globale sulle spese militari che chiede almeno una riduzione del 10% della spesa militare per affrontare i veri pericoli: la sicurezza dipende dall’affrontare questioni reali e concrete, che non sono le guerre ma il climate change e la povertà». Non solo. Come scrive Manlio Dinucci sul Manifesto del 23 febbraio scorso: «l’Italia si è impegnata a destinare almeno il 20% della spesa militare all’acquisto di nuovi armamenti all’interno della Nato. Per questo, appena entrato in carica, il 19 febbraio il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha firmato un nuovo accordo con 13 paesi dell’Alleanza atlantica più Finlandia, denominato Air Battle Decisive Munition, per l’acquisto congiunto di “missili, razzi e bombe che hanno un effetto decisivo in battaglia aerea”». Secondo il Mil€x, l'Osservatorio sulle spese militari italiane, relativamente al 2021, «è anche possibile suddividere le spese militari complessive in costi per il personale (45,8%), costi per investimenti in nuovi armamenti (29,2%), costi per il funzionamento delle Forze Armate (14,5%) e altri costi accessori (10,5%). Rispetto alle spese correnti dello Stato la spesa militare si attesta a circa il 4,3% del totale (sostanzialmente in linea con il recente passato)». Interpellato da VD, il ministero della Difesa, non ha voluto commentare la decisione.

Chi investe di più in armi

A spendere di più in armi sono gli Stati Uniti, dove la spesa militare ha raggiunto circa 778 miliardi di dollari, pari a un aumento del 4,4% rispetto al 2019. In particolare, gli Stati Uniti rappresentano il 39% della spesa militare totale nel 2020. Dopo sette anni di continui tagli, questo è il terzo anno consecutivo in cui la spesa militare statunitense registra una crescita, attribuiti, secondo i ricercatori del Sipri, a «ingenti investimenti in ricerca e sviluppo e a diversi progetti a lungo termine come la modernizzazione dell'arsenale nucleare e l'approvvigionamento di armi su larga scala». «Ciò riflette le crescenti preoccupazioni sulle minacce percepite da concorrenti strategici come Cina e Russia, nonché la spinta dell'amministrazione Trump a rafforzare quello che considerava un esercito statunitense impoverito», ha affermato Alexandra Marksteiner, ricercatrice di Sipri. Al secondo posto la Cina, dove le spese militari sono aumentate per il 26° anno consecutivo (+76% nel decennio 2011-20), per un totale di 252 miliardi di dollari. Un aumento che riflette le tensioni globali, che vanno oltre la pandemia.

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