donne
Abortire in Italia è troppo difficile. Ora l'Europa chiede spiegazioni
In Italia abortire è sempre più difficile: è la conclusione a cui è arrivato il Comitato della Carta sociale europea, organo del Consiglio d’Europa, che ha valutato le misure prese dall'Italia per risolvere le violazioni rilevate nel 2013 e nel 2015. Non solo. Sulla base degli ultimi dati disponibili, relativi al 2018, il numero di ginecologi obiettori di coscienza continua ad aumentare, e il 5% delle interruzioni di gravidanza sono eseguite in una Regione diversa da dove vive la donna. Secondo il Comitato, «il governo non ha fornito alcuna informazione sul numero o percentuale di domande d'aborto che non hanno potuto essere soddisfatte in un determinato ospedale o regione a causa del numero insufficiente di medici non obiettori». «I nostri servizi per l’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza, ndr) sono come il muschio sugli alberi: emarginati, messi da una parte. Non c’è rispetto per la donna», ha commentato per VD la ginecologa Elisabetta Canitano di Vita di Donna. Insomma, abortire nel nostro Paese è un diritto mancato.
I numeri dell’aborto
Gli ultimi dati risalgono al 2018 e sono stati pubblicati sul sito Epicentro dell’ISS. In quell’anno, in Italia, sono state notificate 76.328 interruzioni volontarie di gravidanza, con un tasso di abortività pari a 6 IVG ogni 1000 donne tra i 15 e i 49 anni di età. «Valori in costante e graduale diminuzione rispetto agli anni passati (nel 1982-3, anno di picco, le IVG erano circa 235mila l’anno e il tasso era 17 per 1000)», come dice il rapporto. Ma, nel 2016, le percentuali di obiezione tra i ginecologi in alcune Regioni erano addirittura superiori all'80%: in Molise (93,3%), in Basilicata (90,2%), in Sicilia (87,6%), in Puglia (86,1%), in Campania (81,8%), nel Lazio e in Abruzzo (80,7%). Un tasso che, come sottolinea il Comitato della Carta sociale europea, è in aumento. Ma per il collettivo IVG, ho abortito e sto benissimo il dato più preoccupante sollevato dal comitato è rappresentato dalle migrazioni, inter ed extra regionali. «Le donne devono spostarsi per accedere a un servizio. Ci sono Regioni come la Sicilia in cui si devono fare anche otto-nove ore di auto per abortire: il diritto degli obiettori viene prima di quello delle donne».
Abortire in pandemia
A complicare il quadro è stato l’arrivo del coronavirus, con ospedali che hanno trasferito interamente il reparto IVG o che hanno dovuto limitare l’accesso a causa dell’emergenza. Altro problema: abortire in caso di positività a Covid-19. Essendo l’IVG non differibile, come ha stabilito il Ministero della Salute, non dovrebbero esserci problemi. Ma ad alcune persone positive è stato negato l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. «I ritardi sono all’ordine del giorno», spiegan a VD dal collettivo IVG, ho abortito e sto benissimo. «Con la scusa dell’emergenza sanitaria, il personale viene dirottato su altri serviz». Una soluzione per accelerare la prassi è rappresentata dal certificato medico telematico. «Ma non siamo sicuri che tutti gli ospedali la accettino», spiega Elisabetta Canitano. «È il caos. Un caos devastante».
Segui VD su Instagram.