giornalismo
Silenziati e disinformati: la libertà d'espressione limitata da governi e social media
Censura, attacchi alla libertà di espressione e disinformazione hanno avuto un impatto devastante sulla possibilità di accesso, da parte delle persone comuni, a notizie accurate sulla pandemia, con conseguenze importanti sulla salute pubblica. Lo rivela Amnesty International nel report “Silenced and Misinformed: Freedom of Expression in Danger During Covid-19”, pubblicato martedì. «Circa cinque milioni di persone hanno perso la vita a causa del Covid-19 e la mancanza di informazioni è stata probabilmente un fattore che ha contribuito», ha commentato Rajat Khosla di Amnesty International. E punta il dito contro governi e social media.
Censura e limitazione della libertà di espressione
«Nel mezzo di una pandemia, giornalisti e operatori sanitari sono stati messi a tacere e imprigionati», ha dichiarato Khosla. «Di conseguenza, le persone non sono state in grado di accedere alle informazioni sul Covid-19, compreso come proteggere se stesse e le loro comunità». È il caso della Cina che già a dicembre 2019, nei primi giorni della pandemia, aveva incarcerato gli operatori sanitari, i giornalisti professionisti e i cittadini che avevano tentato di lanciare l'allarme. A febbraio 2020, erano 5.511 le indagini penali contro chi aveva pubblicato informazioni sull'epidemia: l’accusa era di «fabbricazione e diffusione deliberata di informazioni false e dannose». Un attacco alla libertà di espressione.
La blogger e giornalista cinese Zhang Zhan è stata addirittura torturata dalla polizia segreta cinese e condannata a quattro anni di carcere perché accusata della diffusione di «false informazioni sui social media» per aver reso nota la cattiva gestione della pandemia di Covid-19 da parte del governo cinese. Altri Paesi, come la Russia, hanno approfittato dell’emergenza sanitaria per limitare la libertà di espressione dei loro cittadini. «È chiaro che le restrizioni alla libertà di espressione legate al Covid-19 non sono solo misure straordinarie e limitate nel tempo per affrontare una crisi temporanea», spiega Khosla. Fanno parte di un attacco ai diritti umani che ha avuto luogo a livello globale negli ultimi anni e i governi hanno trovato un'altra scusa per intensificare il loro attacco alla società civile».
Social media e cattiva informazione
La rapidità e la facilità con cui le notizie false si diffondono sui social è uno dei fattori chiave che ha determinato confusione e incertezza intorno al tema Covid-19. Secondo Amnesty, le piattaforme non hanno fatto abbastanza per prevenire la diffusione di «informazioni false e fuorvianti». Questo ha precluso alle persone la possibilità di farsi un'opinione informata e di compiere scelte consapevoli sulla propria salute in base ai migliori dati scientifici disponibili. «Mentre stiamo esortando i governi e le aziende farmaceutiche a garantire che i vaccini siano distribuiti e resi disponibili a tutti in tutto il mondo, gli Stati e le società proprietarie dei social media devono anche garantire che il pubblico abbia libero accesso a informazioni accurate, basate sull'evidenza e tempestive», ha detto Khosla. «Questo è un passo cruciale per ridurre al minimo l'esitazione del vaccino guidata dalla disinformazione».
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