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A sessant'anni dalla legge Merlin, serve una riforma per i sex worker italiani

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Per fermare le sex worker e il loro lavoro, i sindaci delle città italiane si sono serviti di vari espedienti: dalle norme che vietano «l’abbigliamento ambiguo e indecoroso», alle multe per chi accosta in auto per far salire la sex worker. Ma, con una sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito che la protituzione è una libera attività economica – e, come tale, tutelata dall’articolo 41 della Costituzione – che non può essere bloccata dai sindaci. A 64 anni dalla legge Merlin, quindi, il tema del sex work è ancora in discussione. Nel mezzo, ci sono però migliaia di lavoratori e lavoratrici che chiedono dignità e sicurezza.

La sentenza della Corte di Cassazione

Il 15 febbraio la Suprema Corte ha depositato la sentenza 4927, con cui ha boccia il Regolamento "anti prostituzione" del comune di Brescia. Secondo la misura decisa dal sindaco, chiunque fermi l’auto per far salire a bordo una sex worker va incontro a una multa di 500 euro per aver intralciato il traffico. Ma, come scritto nella sentenza: «l'attività di meretricio non è illecita e, anzi, rientra nelle attività economiche, per cui non può essere vietato l'esercizio se non attraverso una normativa statale», facendo riferimento a una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2001.

In particolare, quindi il Comune «non ha il potere di bloccare un'attività che non può considerarsi illecita, adducendo che si vuole tutelare la sicurezza del cittadino, in quanto si deborderebbe in una competenza esclusiva dello Stato a cui gli Enti locali non possono sostituirsi». Insomma, è lo Stato a decidere quale attività economica è lecita e quale invece non lo è e un regolamento comunale non è in grado di poterlo stabilire, altrimenti si rischia di emanare ordinanze viziate «da eccesso di potere».

Le sex worker e la prostituzione in Italia

Nel nostro Paese è con la legge Merlin, risalente al 1958, che si è abolita la regolamentazione della prostituzione emanata dal governo Crispi nel 1883 e si punisce il reato di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Con questa legge non si rende illegale quindi la prostituzione ma le attività collaterali, come induzione alla prostituzione, favoreggiamento, reclutamento e sfruttamento della prostituzione. Regole per controllare un mercato che nel giro degli anni è arrivato a fatturare oltre 4 miliardi di euro l’anno.

Immaginare quale potrà essere il futuro della prostituzione in Italia, però, non è semplice: da una parte conservatori, cattolici e parte del femminismo, dall’altra le sex worker. Ma il problema, come Pia Covre aveva sottolineato a VD, è il non capire che «le sex worker sono lavoratrici, il lavoro sessuale va riconosciuto come un lavoro, e quindi con relative iscrizioni all’Inps, contributi, pensioni – ristori, che non abbiamo ottenuto durante la pandemia - e permesso di soggiorno per chi è straniero». Pia Covre ha 73 anni, è prostituta ed è fondatrice del Comitato per i diritti civili delle Prostitute.

Per anni ha partecipato e organizzato le lotte per il riconoscimento del lavoro sessuale. «Non c’è solo chi lo fa per talento o passione: c’è chi lo fa per mangiare, in modo magari più mediocre ma che comunque impone delle scelte. In definitiva c’è chi va in fabbrica, chi fa l’agricoltore, chi fa sesso». Quello che conta è il poter scegliere. «lavoro sessuale può essere un buon lavoro ma devi farlo liberamente», dice Covre. «Devi scegliere come e con quali clienti. Non è una catena di montaggio, nessuno può dirti: “Devi fare solo pompini”».

Una zona protetta per Sex Worker e professioniste del sesso

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