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Perché i lavoratori italiani di Amazon stanno scioperando
Turni, orari sostenibili e rapporti sindacali: sono le rivendicazioni dei lavoratori della filiera Amazon, che in Italia coinvolge più di 40mila persone, di cui 18mila driver. Lo sciopero - il primo al mondo - riguarderà tutta questa platea.
Come ‘funziona’ la logistica di Amazon
Nella filiera dell’azienda fondata da Jeff Bezos (patrimonio stimato: 180 miliardi di dollari circa), tutto è organizzato al dettaglio. Ci sono i magazzinieri, che smistano i pacchi all’interno delle varie ‘station’, dei diversi magazzini, mettendoli all’interno delle ‘bag’, dove i pacchi sono sistemati in base alle microzone. La mattina arrivano a ondate i corrieri, che appartengono alle varie ditte che lavorano in appalto per Amazon. E il gioco inizia: il driver arriva, carica il furgone e segue un palmare che indica la rotta che deve tenere e il numero di consegne che deve fare. Le consegne sono geolocalizzate al millimetro, per cui i driver effettuano anche 170 stop al giorno per nove ore di lavoro: la media è una consegna ogni quattro minuti. Un lavoro a ciclo continuo che si regge tutto su un algoritmo.
Perché si sciopera
Secondo i lavoratori c’è un problema di relazione sindacale. E poi ci sono i ritmi e i carichi di lavoro definiti insostenibili, con i driver che - spiegano dal sindacato Filt Cgil - “arrivano a lavorare 44 ore per cinque giorni alla settimana”. A questo si aggiunge la questione dei corrieri, con un sistema gestito dagli algoritmi che secondo i lavoratori non terrebbe conto dell’impatto all’interno delle aree urbane. «Amazon ha un’impostazione culturale molto lontana dalla realtà italiana per quanto riguarda i diritti dei lavoratori», fa sapere Michele De Rose, segretario nazionale Filt Cgil. «E per questo taglia ogni elemento di mediazione possibile, a partire dai sindacati. Noi rivendichiamo prima di tutto questo diritto».
Le assunzioni di Amazon e l’appello al boicottaggio
Mercoledì scorso è arrivato l’annuncio dell’apertura di un centro distribuzione a Cividate al Piano (Bergamo) con 900 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato entro tre anni. Nel frattempo, in nome della «sostenibilità sociale del mercato», Federconsumatori ha deciso «di aderire per solidarietà allo sciopero», invitando i suoi soci a non effettuare acquisti sulla piattaforma nella giornata dello sciopero, il 22 marzo. «Sarà un piccolo gesto che darà forza a tutti: a chi chiede di lavorare in condizioni sostenibili e a chi acquista, rendendolo protagonista di scelte e comportamenti volti al cambiamento degli stessi modelli produttivi, orientandoli all’equità e al rispetto dei diritti e della sicurezza».
Lavoratori divisi: pro e contro
Francesco è un ex magazziniere. «Il mio compito era quello di inserire i pacchi nelle borse. Lavoravo dalle 9 di sera alle 6 del mattino, sei giorni su sette, per poco più di mille euro». Francesco racconta a VD che nell’hub di Amazon dove lavorava «non si potevano fare pause. In bagno non potevi stare più di un minuto. Ogni volta che ti fermavi chiedevano: “perché ti fermi così tanto?”. I dipendenti venivano minacciati di essere lasciati a casa e i manager ci mettevano in competizione tra noi. Era schiavismo». Un’esperienza molto diversa da quella vissuta da Michele, anche lui magazziniere. «Mi trovo molto bene in Amazon, sotto ogni punto di vista, a partire da quello retributivo: guadagno intorno ai 1.500 € al mese. Certo, è un lavoro stressante, soprattutto quando si avvicinano il Natale o il Black Friday. Ma è normale che i ritmi siano alti in una ditta di spedizioni. Non mi lamento di niente e mi sento un privilegiato».
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