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coronavirus

No, il vaccino non sarà per tutti

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Se il coronavirus ha dimostrato di non distinguere tra ricchi e poveri, non si potrà dire lo stesso per il vaccino contro Sars-CoV-2. Nove persone su dieci rischiano infatti di non potersi vaccinare in almeno 70 paesi a basso reddito, tra cui le vicine Tunisia e Ucraina. Questo perché la maggior parte dei vaccini è stata acquistata dall’Occidente. In pratica al 14% della popolazione mondiale spetterà il 53% delle dosi. La denuncia arriva dalla People's Vaccine Alliance, che comprende Amnesty International, Frontline Aids, Global Justice Now e Oxfam. Il Canada, ad esempio, ha ordinato dosi sufficienti per proteggere per cinque volte ogni canadese, riporta la BBC. Ora, la scelta del grande paese nordamericano non è così assurda se vista nell’ottica di uno Stato che vuole proteggere i suoi cittadini. Ma chi vive in paesi in via di sviluppo, invece, potrebbe rischiare di aspettare fino al 2024. La corsa al vaccino ripropone, ancora una volta, quel gioco di specchi per cui la ricchezza, in questo caso legata alla salute e al benessere, spetta alla parte alta del pianeta. Che è anche quella che uscirà con meno ferite dallo scontro con Sars-CoV-2, perché dotata di tecnologie più avanzate rispetto ai paesi in via di sviluppo. A complicare la situazione, l’assenza di misure politiche internazionali per la distribuzione del vaccino e dei farmaci contro il coronavirus. Serve una ‘roadmap’ comune che aiuti a superare il problema della distribuzione anche nei paesi meno ricchi. Utopia? Forse. Le immagini dei medici cubani in Italia raccontano però un’altra storia possibile nella lotta al virus. La soluzione? Ci sarebbe: chiedere alle società farmaceutiche di rinunciare alla proprietà intellettuale almeno fino a quando tutta la popolazione mondiale non sarà protetta, come già hanno proposto India e Sudafrica. Altrimenti non potremmo dire di esserne usciti migliori.

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