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Vivremo in un mondo diviso da muri?

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La Palestina, il Messico, Berlino. Luoghi che rimandano, inevitabilmente, al concetto di separazione, segregazione, divisione. Un grande inganno che la storia non smette di porre sotto i nostri occhi: l'illusione dei confini tra i popoli, così ben sottolineata dal progetto di Trump, un muro che separi l’America del nord in due stati e in due mondi totalmente separati. Frontiere politiche, sociali, economiche più che geografiche, create tracciando linee di separazione che chiudano all’altro rompendo il naturale flusso di coesione che l’essere umano ha sempre portato avanti nel suo cammino di scoperta e conoscenza degli altri popoli.

I muri sono la manifestazione delle nostre barriere intellettuali

Il muro tra Messico e Stati Uniti è quello che ultimamente sta scatenando maggiori polemiche. Lo definiscono “barriera di sicurezza”, un po’ come quello che separa la Palestina da Israele, chiamato muro anti-terrorismo per nasconderne la natura di muro dell’apartheid.

Ma negli USA, per sfruttare questa barriera come risorsa costruttiva, due professori della California hanno deciso di installare delle altalene saliscendi per far giocare i bambini sia da un lato che dall’altro al “cavalluccio”. Quest’opera, le cui immagini sono diventate virali, rappresenta un segno di protesta contro qualsiasi tipo di divisione e separazione che non è raro quando si parla di muri.

Fin dall
Fin dall'antichità il muro più che una difesa rappresenta il potere

L'arte ha trasformato le barriere in ponti culturali

Ma il muro è davvero la risposta per superare i problemi di un paese o è piuttosto un simbolo di potere? Una domanda legittima se si pensa che con l’allarme immigrazione, le politiche europee e internazionali, soprattutto nell’area del Mediterraneo, stanno innalzando alte mura di paura attraverso nuove leggi che, se da un lato contrastano e bloccano l’arrivo di rifugiati via mare, provocando un incessante disastro umanitario nelle nostre acque, dall'altro strizzano l'occhio a politiche repressive anche verso i cittadini residenti.

Jean-Paul Sartre, nel 1939, scrisse una delle opere più intense e rappresentative di tutta la sua produzione letteraria, ovvero Il muro, una raccolta di racconti inquietanti in cui i personaggi rivelano sé stessi dinnanzi a pareti, su cui va a sbattere insistentemente l’assurdità, le ipocrisie, i paradossi, la meschinità dell’esistenza umana. Il muro è uno specchio rivelatore della nostra vera essenza. È attraverso i muri che conosciamo la storia, le tragedie ma anche la bellezza dell’umanità.

Per Jean-Paul Sartre il muro rappresenta l’ipocrisia umana

E dunque il muro è sempre un ostacolo o può essere qualcos’altro? In un bellissimo monologo di qualche tempo fa, Alberto Angela definì il muro come un concetto ambiguo, data l’ambivalenza del suo significato non solo a livello letterale ma anche culturale e sociale. Secondo Angela, il muro non è solo un terribile ostacolo o una barriera costruita per separare un popolo o fare da spalla a dei condannati a morte, ma può essere considerato anche come una risorsa per entrare in contatto con la storia di un popolo o dell’intera umanità.

In quest'ottiva le mura diventano improvvisamente il senso della storia stessa e, paradossalmente, del progresso dell’umanità. Proteggono, racchiudono, custodiscono, raccontano. «Il muro è un vecchietto che ti racconta una storia antica e in questo senso unisce un popolo, o meglio, vari popoli nel tempo» afferma Alberto Angela. Non è il muro un ostacolo in sé, ma il modo in cui lo si utilizza. Saremo mai capaci di creare mura per accogliere e non per dividere?

L'altalena che abbatte il muro che divide USA e Messico

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