cinema
Memento, il celebre incontro tra Nolan e Pasolini
Christopher Nolan è uno dei più talentuosi registi della nostra epoca, indagatore metafisico del concetto di memoria e di tempo che ha sbancato più volte il botteghino. Nato a Londra, oggi vive a Los Angeles e tra poco farà uscire il suo ultimo film Tenet. Pier Paolo Pasolini fu un intellettuale completo: scrittore, poeta, regista, sceneggiatore, drammaturgo e soprattutto osservatore dei grandi cambiamenti sociale del dopoguerra italiano. Nato a Bologna in epoca fascista, fu ucciso nel 1975. Queste due grandi personalità, questi due artisti visionari, lontanissimi tra loro, si sono incontrati attraverso l’arte nel capolavoro di Nolan, Memento.
Come è nato Memento
Memento Mori era un racconto inedito del fratello del regista, Jonathan Nolan, che i due trasformarono in una sceneggiatura e poi in un film nel 2000. La storia di Memento potrebbe sembrare un classico film sulla vendetta: Leonard cerca, per ucciderlo, l’assassino della moglie, Johnny G. Sulla stessa linea quindi de Il Corvo o Giustizia privata? Assolutamente no, perché il protagonista soffre di un’amnesia anterograda che non gli permette di conservare ricordi per più di 15 minuti. La memoria di Leonard è intatta fino al giorno dell’aggressione che ha portato alla morte della moglie, oltre non può andare. Il protagonista di Memento non riesce più a vivere il tempo, non ha presente e, in un certo modo, neanche un futuro. Si aiuta scrivendo le informazioni su postit, polaroid e tatuandosele sul corpo. Nonostante l’amnesia, Leonard persegue la sua folle caccia all’uomo aiutato e “sfruttato” da Teddy e da Natalie. L’importanza del tempo nella definizione dell’identità, il significato della colpa, il dilemma della fiducia, sono solo alcuni dei temi trattati da Memento, in un modo originalissimo: il film infatti è raccontato dalla prospettiva spezzata di Leonard, ed è proprio qui che il genio di Nolan e quello di Pasolini si incontrano.
La struttura di Memento
Memento ci getta subito nella percezione distorta del protagonista iniziando dalla fine della storia e inanellando, per tutto il film, sequenze lunghe solo 15 minuti, alternando il colore al bianco e nero, il presente al passato (reimmaginato da Leonard) e culminando, infine, nella parte centrale della vicenda, quando lo spettatore e Leonard ricompongono i pezzi di un puzzle che, però, finisce per porre solo nuove domande: chi è, davvero, Sammy Jenkis (protagonista anche del tatuaggio sempre visibile “ricorda Sammy Jenkis”)? Lui e Leonard condividono la stessa colpa? Teddy è un amico o un nemico? Tutte queste domande, e molte altre, non instillano solo il dubbio nello spettatore, lo disorientano e lo spingono a sentirsi imprigionato nel ruolo di vittima come Leonard. Il protagonista di Memento è infatti oggetto, più che soggetto, della storia, proprio perché incapace di gestire il proprio tempo. Nolan ha scelto questa struttura fatta di sequenze interrotte e capovolgimenti narrativi perché ci immedesimassimo in Leonard e vivessimo la sua vicenda come la vive lui: «Il mondo migliore per farlo è stato raccontare la storia al contrario. In questo modo, quando incontriamo i personaggi, noi non sappiamo – proprio come il protagonista – come ha incontrato quella persona, dove l’ha incontrata per la prima volta o se dovrebbe fidarsi o meno». Questo modo di raccontare una storia fu teorizzato proprio da Pier Paolo Pasolini in Cinema di Poesia.
Pasolini maestro di Nolan
Pier Paolo Pasolini teorizzò la soggettiva libera indiretta quando cercò di traslare il discorso libero indiretto della letteratura nel cinema. Era un punto centrale del saggio Cinema di Poesia, e implicava l’esistenza di un linguaggio poetico cinematografico che presupponesse «l’immersione dell’autore nell’animo del suo personaggio, e quindi l’adozione, da parte dell’autore, non solo della psicologia del suo personaggio, ma anche della sua lingua». Per Pasolini la soggettiva libera indiretta comportò un’identificazione emotiva coi personaggi delle sue opere, in particolare quegli ultimi della società al centro della poetica dell’autore, come in Ragazzi di vita, ma che il regista aveva trovato nel verismo de I Malavoglia. Verga, infatti, non ci cala soltanto nella vicenda dei Malavoglia, ci fa leggere e quindi pensare nel loro dialetto, nella loro lingua. Pasolini, però, si trovò di fronte a un problema quando cercò di traslare questa tecnica nel cinema, arte il cui linguaggio non può essere dialettale ma «interdialettale e internazionale: perché gli occhi sono uguali in tutto il mondo». Sarà proprio Nolan a riuscirci utilizzando, come linguaggio, il montaggio stesso del film, sovrapponendo la sua e la nostra esperienza a quella di Leonard. Un’immedesimazione totale che, in chiusura del film, sfocia in «un monologo interiore privo dell’elemento concettuale e filosofico astratto esplicito», come lo avrebbe definito Pasolini, che elimina qualsiasi imposizione dell’autore sul protagonista e lo lascia sulle strade di Los Angeles, solo e con la memoria spezzata.
I 5 film per capire Christopher Nolan
- Dunkirk (2017)
- Il cavaliere oscuro (2008)
- Inception (2010)
- Interstellar (2014)
- The Prestige (2006)
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