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Come riportiamo gli italiani al cinema?

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Due anni di pandemia hanno aggravato la tendenza del pubblico italiano a disertare le sale cinematografiche, se non per determinate tipologie di film. Come invertire la tendenza e riportare gli italiani al cinema? Ci si prova con contributi ministeriali agli esercenti e riflettendo sul rapporto tra cinema in sala e piattaforme in streaming.

L'intervento per i cinema del ministero

Sul sito del Ministero della Cultura si possono trovare elencati in una tabella gli interventi finanziari straordinari disposti in aiuto del settore dello spettacolo in generale, e del cinema in particolare, negli ultimi due anni. Per quanto riguarda le sale, in grande sofferenza, si aggiunge il più recente dei provvedimenti, ovvero «25 milioni di euro del fondo emergenze spettacolo, cinema e audiovisivo», da elargire a quelle sale che abbiano tenuto aperto «per almeno il 25% dei giorni compresi tra il 1° novembre 2021 e il 31 gennaio 2022».

Tutto bene, ma intanto il panorama è costellato di macerie, che dipendono non solo dalla pandemia, ma anche da molte delle regolamentazioni, delle modalità di analisi dei dati e delle abitudini tutte italiane, che rispetto a quelle di un Paese come la Francia sono fonte di criticità per i box office.

Situazione delle sale: tre fattori di crisi

A monitorare l'andamento dei cinema in Italia è Cinetel: purtroppo in sede analitica nel nostro Paese i conti si fanno sugli incassi e non sul numero di spettatori come in Francia, presentando così uno scenario leggermente falsato, perché i prezzi dei biglietti da noi non sono omogenei su tutto il territorio nazionale.

Ma stiamo al gioco: l'esercizio nei primi due mesi del 2022 ha guadagnato circa il 60% in meno dello stesso periodo del 2019, prima della pandemia. L'enorme e per certi versi inatteso successo di Spider-Man: No Way Home, 24 milioni e 500 mila euro al 10 marzo, non è certo bastato a salvare la stagione. L'esercizio è stato penalizzato da tre fattori: quello psicologico, ovvero il timore di spettatori anche abituali di infettarsi in sala; quello pratico, cioè il fastidio di tanti di dover indossare per due ore e più le mascherine ffp2; e quello, diciamo così, alimentare.

Secondo un dato comunicato dai sindacati di categoria durante una manifestazione a Milano al cinema Colosseo nello scorso mese di febbraio, il divieto di vendere alimenti e bevande incide per il 40% sugli introiti. Una cifra notevole. Dallo scorso 10 marzo il divieto è decaduto, quindi si spera in una parziale, rapida ripresa.

Fedeli alla sala sempre e comunque

In queste settimane il successo di The Batman (5 milioni di incasso dopo sette giorni di programmazione) sta riportando persone in sala, ma anche qui c'è da capire chi – e la risposta potrebbe sorprendere. Un problema discusso da ben prima della pandemia, ma non così noto, è la contrazione generazionale del pubblico, ormai quasi esclusivamente giovane.

Dai dati del rapporto Istat pubblicato nell'agosto 2018, relativi al triennio precedente ma tendenziali, si evince come la fascia di pubblico più fedele alla sala sia quella tra i 14 e i 24 anni. La crisi dell'esercizio d'essai e del cinema meno commerciale dimostra come sia soprattutto la fascia adulto-matura a disertare. Questa è una caratteristica solo italiana. Se confrontiamo i nostri dati con quelli francesi, oltre a essere, in Francia, l'esercizio molto più diffuso (un cinema ogni 16mila abitanti contro uno ogni 60mila da noi) e di successo (oltre il quadruplo i biglietti staccati ogni anno) risulta più trasversale la fascia d'età dei frequentatori.

Il film vincitore del César, il premio del cinema francese, Illusioni perdute di Xavier Giannoli tratto da Balzac, non certo un titolo per ragazzini, oltralpe ha superato i 900mila spettatori, un numero impensabile in Italia. Per avere un'idea delle proporzioni, Spider-Man: No Way Home da noi, nei primi due mesi del 2022, ha totalizzato 718 mila spettatori.

Politiche sullo streaming: modelli a confronto e soluzioni

In Francia è stata fatta una politica molto più rigida rispetto al passaggio dei film dalla programmazione in sala alle piattaforme in streaming. Recentemente il colosso francese Canal+ ha strappato allo Stato la migliore delle condizioni possibili, ovvero una finestra di 6 mesi dall'uscita al passaggio su piccolo schermo, ma le altre piattaforme devono attendere dai 14 ai 17 mesi. In Italia, con il “decreto finestre” dell'1 maggio 2021, la finestra si è ridotta a 30 giorni (prima era di 105). E attenzione: il decreto vale solo per i film che ricevono contributi dallo Stato, per tutti gli altri siamo in piena deregulation. Per dire: La fiera delle illusioni di Guillermo del Toro, il 23 febbraio ancora nelle sale, dal 16 marzo è disponibile su Disney+, meno di 30 giorni dopo.

Non è ancora stata provata con dati certi la correlazione tra aumento della proposta cinematografica e della disponibilità delle novità sulle piattaforme e crisi delle sale, ma il sospetto, condiviso da molti operatori, è che proprio il pubblico meno giovane non sappia resistere alla tentazione del divano, rispetto al richiamo della qualità di visione ed esperienza garantita dal grande schermo.

L'importanza per il cinema italiano di Pierfrancesco Favino

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