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In Italia è (quasi) impossibile trovare spiagge libere
L'Italia è il quinto paese europeo per chilometri di costa eppure andare al mare può essere un lusso per un Italiano. Oltre il 50% di tutte le coste sabbiose nazionali, infatti, è in concessione e, in alcune regioni, come Liguria, Emilia Romagna e Campania, si arriva al 70%. In due anni le spiagge date a privati sono aumentate del 12% (da 10mila a 12mila), riducendo ulteriormente l’estensione delle spiagge libere, spesso anguste, sporche e senza servizi. «In nessun Paese europeo esiste una situazione simile di gestione delle spiagge» ha dichiarato Legambiente nel suo ultimo Rapporto.
Tante concessioni balneari e poche spiagge libere
Vi sono aree ormai totalmente in concessione, come i 50 km di litorale romagnolo tra Cattolica e Cervia dove sono stati aperti 906 stabilimenti balneari e solo il 9% di spiagge è libero. Una situazione che implica, tra l’altro, la privatizzazione de facto del demanio pubblico. Perché, nonostante sia ancora diritto di chi non è cliente dello stabilimento «l'accesso e la fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione», provate a entrare in un bagno in Versilia e mettervi, con il vostro asciugamano, sulla battigia, oppure semplicemente nuotare nella porzione di mare di fronte allo stabilimento. Il bagnino vi fischierà per farvi spostare.
Esistono comuni come Pietrasanta (98.8% in concessione) e Camaiore (98.4%) dove praticamente non esiste un’alternativa alla spiaggia a pagamento. In Francia, spiega Legambiente: «le concessioni per gli stabilimenti balneari sono rilasciate per un massimo del 20% della superficie del litorale».
Ma, almeno, queste estese concessioni fruttano entrate alla collettività? Esigue: a fronte di un giro d’affari da 15 miliardi l’anno, lo stato percepisce 115 milioni €, di cui solo 83 effettivamente riscossi. E la battaglia per rendere le concessioni competitive e trasparenti incontra la resistenza della politica che, anche in questi giorni, tergiversa sulle direttive europee per tutelare gli interessi corporativi dei balneari. Danneggiando, però, quelli di tutti gli altri.
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