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violenza di genere

La Corte Europea ha condannato l'Italia per il sessismo nei processi per stupro. Ancora non è cambiato niente

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L’Italia ha un problema di sessimo quando affronta i casi di stupro? È quanto emerge dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di maggio scorso sull'assoluzione di 6 imputati a Firenze in un caso di violenza sessuale di gruppo. A rendere nuovamente attuale il problema le motivazioni della recente richiesta di archiviazione depositate dalla PM di Benevento Flavia Felaco e dell'assoluzione dall'accusa di molestie su Barbara D’Astolto, perché secondo il tribunale di Busto Arsizio, la reazione della donna ai palpeggiamenti del sindacalista imputato non sarebbe stata tempestiva, perché, come emerso nel dibattimento, sarebbe arrivata dopo 20 secondi.

La richiesta di archiviazione della PM di Benevento

La PM di Benevento ha chiesto l’archiviazione della denuncia di stupro di una donna nei confronti del marito. Agli atti la considerazione, della Procura, che a volte l'uomo deve «vincere quel minimo di resistenza che ogni donna, nel corso di una relazione stabile e duratura, nella stanchezza delle incombenze quotidiane, tende a esercitare quando un marito tenta un approccio sessuale». I presunti atti violenti denunciati dalla donna, inoltre, sarebbero «fatti carnali che devono essere ridimensionati nella loro portata» anche perché commessi «in una fase del rapporto coniugale in cui» lei «ha messo seriamente in discussione la relazione, meditando la separazione». Che a rigor di logica dovrebbe essere un’aggravante, non un motivo di archiviazione.

Il procuratore di Benevento Aldo Policastro è intervenuto sulle polemiche scatenate da queste motivazioni con una nota: «Da noi nessuna sottovalutazione del seppur minimo approccio costrittivo nei rapporti interpersonali tra uomo e donna». L’opposizione all’archiviazione «è all'esame dell'ufficio» di Policastro che si dichiara «assolutamente estraneo» da qualsiasi sottovalutazione «del seppur minimo approccio costrittivo nei rapporti interpersonali tra uomo e donna». Ma il sessismo nei casi di stupro in Italia è un problema che coinvolge tutti, dai media alle istituzione giudiziarie. Che dissuade dallo sporgere denuncia, a causa della vittimizzazione secondaria, e che ha spinto la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a intervenire poco prima dell’estate.

La sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani

La situazione delle sentenze per stupro in Italia è arrivata fino alla Corte Europea per i Diritti Umani grazie a un ricorso presentato dalle avvocate Sara Menichetti e Titti Carrano di D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza. In risposta, a maggio del 2021 i giudici della CEDU sono intervenuti sulla sentenza della Corte d’appello di Firenze, che nel 2015 ha prosciolto sei imputati accusati di uno stupro di gruppo avvenuto nel 2008. Secondo la CEDU, i colleghi italiani avrebbero utilizzato «un linguaggio e argomenti che veicolano pregiudizi sul ruolo delle donne che esistono nella società italiana» e, in alcuni passaggi, non avrebbero rispettato «la vita privata e l’integrità personale» della presunta vittima, accordandole un risarcimento per danni morali di soli 12mila euro. La Corte ha sottolineato i vari «riferimenti fatti alla lingerie rossa ‘mostrata’ dalla ricorrente durante la serata» del presunto stupro, ma anche «le osservazioni riguardanti la bisessualità, le relazioni, il rapporto sessuale sentimentale e occasionale» della ragazza prima del fatto.

«La sentenza di Strasburgorende giustizia a tutte le donne che, quando denunciano, devono affrontare un percorso giudiziario in cui subiscono vittimizzazione secondaria, con l’effetto di scoraggiarle dal presentare denuncia», ha detto Titti Carrano. «La cultura dello stupro resiste in Italia insieme agli stereotipi e ai pregiudizi sessisti sul ruolo della donna, a conferma dell’arretratezza culturale del sistema giudiziario italiano».

La vittimizzazione secondaria alla base delle poche denunce

Secondo i dati Istat del 2014, quasi una donna su tre (31,5%), ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale, ma a denunciare è stato solo l’11,4% delle donne italiane e il 17% delle straniere che dichiarano di aver subito violenza. Inoltre, il 30% delle vittime ha dichiarato che il personale sanitario a cui si era rivolta ha ignorato volutamente le prove di violenza e solo in un caso su 3 alle italiane è stato consigliato di sporgere denuncia. E a corroborare l’impressione che la decisione della PM di Benevento non sia poi così rara: solo il 64,1% degli autori di violenza iscritti alla procura è iniziata l’azione penale per violenza sessuale, mentre nel caso della violenza di gruppo l’azione penale è iniziata solo nel 41,6% dei casi.

Un sessismo che sembra essere problema sistemico in Italia e che aggrava quello dei reati a sfondo sessuale. Secondo Osservatorio Diritti, da gennaio ad aprile 2021 sono stati denunciati o scoperti 135 casi di atti sessuali con minorenni (contro i 137 del primo quadrimestre 2020, bisestile, con una differenza dell’1%), 885 violenze sessuali “semplici” (erano 905, con un calo del 2%), 254 violenze sessuali aggravate (contro 229, quindi con un aumento dell’11%), 11 violenze sessuali commesse in istituti d’istruzione e formazione (contro 13 del gennaio-aprile 2020, pari a -15%) e 19 violenze sessuali di gruppo (contro 16, con una crescita del 19%), per un totale di 1.304 reati legati alla sfera più intima delle persone offese.

Non Una Di Meno in piazza contro la violenza sulle donne

Questo articolo è stato aggiornato il 28/01/2022 da un originale del 21/12/2021.

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