coronavirus
I gruppi Facebook dove si cura il Covid
Andrea è spaventato. Per questo ha deciso di scrivere un lungo messaggio su Facebook. «Buongiorno a tutti, avrei bisogno di un parere. Ho contratto il covid due mesetti fa, tutti i sintomi tipici, febbre, dolori, difficoltà respiratorie, saturazione diminuita, mancanza di gusto e olfatto, astenia marcata. Dopo un mese dalla “guarigione” presento ancora dolori al torace/sterno e a giorni dispnea. Volevo sapere se può essere un decorso normale o se sarebbe necessario un controllo. Grazie millesimo tutti!». Quello di Andrea è uno dei tanti messaggi postati sulla bacheca di #Terapiadomiciliarecovid19 in ogni Regione, gruppo fondato dall’avvocato napoletano Erich Grimaldi, che dalla scorsa primavera mette in contatto i medici delle diverse realtà territoriali per prevenire l’ospedalizzazione. C’è poi chi, per avere notizie di un parente ricoverato o per cercare un’introvabile bombola di ossigeno, si rivolge al gruppo Facebook SOS amici…….aiutiamoci tra noi di Sergio Colella. Due volti dello stesso bisogno: non sentirsi abbandonati.
La terapia domiciliare sbarca su Facebook
Erich Grimaldi ha fondato il gruppo nella primavera del 2020. Il principio è molto semplice: si scrive sul gruppo, si attende l’approvazione e poi sotto al post vengono taggati i medici, che rispondono subito in privato. «Diamo un’assistenza immediata al paziente: ci sostituiamo alla medicina territoriale e alle carenze dell’Usca, le unità speciali di continuità assistenziale, e dei medici di medicina generale che devono sopperire ai bisogno di 1500 pazienti», spiega l’avvocato Grimaldi. «Sono stato colui che in Italia ha messo in collegamento i medici di diverse regioni quando si navigava nel buio rispetto alle terapie domiciliari precoci. Quando i medici di famiglia prescrivevano la Tachipirina ho cominciato a pormi delle domande e tramite dirette live ho messo in comunicazione i dottori, facendo in modo che coloro che avevano utilizzato degli approcci terapeutici diversi potessero confrontarsi. Non ho mai abbandonato il gruppo Facebook nemmeno quando la situazione si è fatta più tranquilla». È in quel periodo che l’avvocato si mette in contatto con medici brasiliani e l’epidemiologo americano Harvey Risch, sostenitore dell’uso dell’idrossiclorochina in fase precoce. «Ho anche sentito dei medici nel Regno Unito dove non esiste la medicina territoriale. Mi sono documentato perché sapevamo come gruppo di supporto che sarebbe arrivata una seconda ondata». E nel frattempo, a Napoli come a Milano le Usca sono collassate, lasciando i pazienti soli. Così il gruppo Facebook è diventato un punto di riferimento. «I medici di #terapiadomiciliarecovid19 in ogni Regione ritengono che il virus vada aggredito nei primi tre-quattro giorni. La Tachipirina in presenza di sintomi non basta. Poiché non esiste la possibilità di avere usca adeguate in ogni regione dovremmo chiedere una loro implementazione. Perché i pazienti non possono essere lasciati a loro stessi». Di fronte al vuoto istituzionale e sanitario, Grimaldi punta il dito contro governo e governatori. «Si sono dimostrati incapaci e non hanno rafforzato la medicina territoriale. Si sarebbe potuto creare un kit salvavita, in cui mettere saturimetro e i principali farmaci usati nella terapia, con indicazione che il paziente avrebbe dovuto utilizzarli solo nel caso in cui avesse contratto il virus. Se chi ci governa avesse avuto un po’ di lungimiranza, si sarebbe potuto evitare questo secondo lockdown».
Richieste di carezze
La ricerca di solidarietà si fa sempre più forte e centrale di fronte alle mancanze delle istituzioni. Ed ecco quindi che arriva Facebook. A Napoli il gruppo SOS amici…….aiutiamoci tra noi di Sergio Colella è un’istituzione. Nato nel 2013, conta 102mila iscritti e fa 325mila interazioni al mese. «È quasi un lavoro per me e mia moglie. Tra gli iscritti, ci sono tanti medici e infermieri che fanno da ponte fra esterno e interno, per non far sentire abbandonati i parenti dei ricoverati e gli ammalati». Sergio sa di aver tamponato una falla del sistema sanitario. Alle richieste per imbianchini e falegnami si sono, negli ultimi mesi, sostituite quelle di natura sanitaria. «Nel gruppo si è creato un sistema solidaristico che ha portato all’iscrizione di altri medici e infermieri. Se per caso qualcuno ha un parente ricoverato e se ne perdono le tracce, per evitare anche assembramenti fuori dall’ospedale, scrive sul gruppo», spiega. «C’è sempre chi si fa carico di queste richieste, portando notizie e dando anche una carezza al malato. Molti vorrebbero avere anche diagnosi, ma non le pubblichiamo perché il web è pieno di tuttologi che si improvvisano nel ruolo di medici. Abbiamo anche lanciato un appello per la restituzione delle bombole. Credo che stiamo dando una mano importante». Insomma, una nuova etica si aggira su Facebook: quella della cura.
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