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Eutanasia: l'ultimo viaggio di Susanna

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La chiamano dolce morte, ma per andarsene di eutanasia bisogna morire lontani da casa. Colpa di un vuoto legislativo che in Italia non consente ancora di decidere sul fine vita. L’unico margine di manovra è dato dal testamento biologico. Un vuoto che ha inghiottito la vita di Susanna Zambruno, costretta a morire in Svizzera, accompagnata dall’amico Claudio Scazzocchio, che ci ha raccontato il loro ultimo viaggio.

La storia di Susanna Zambruno

Claudio e Susanna si conoscono dai tempi dell’asilo. «Anzi da più tempo. Le nostre famiglie erano molto legate». Racconta che, prima della malattia, Susanna aveva molti sogni per la testa. «Era da poco diventata mamma, amava lo sport, i libri ma soprattutto le montagne che abbracciano Torino». La sentenza arriva poco dopo la nascita di Davide: «sclerosi multipla progressiva». I sogni si accartocciano su loro stessi e le montagne si fanno lontane e inaccessibili.

Susanna, però, si confronta subito con una nuova sfida. Comincia a viaggiare in sella alla sua moto, esplorando i paesaggi del Piemonte. Fino a che non riesce più a muoversi. Susanna non si arrende, accetta la sua condizione. Poi i medici le rivelano che presto perderà anche la parola. Rimarrà lucida, nel suo letto, senza poter comunicare con i suoi cari. Come in un sogno in cui vuoi gridare ma dalla bocca non esce niente. Per lei, invece, non ci sarà alcun risveglio, come non c'è stato per Eluana Englaro, il cui caso ha scosso la coscienza nazionale poco tempo dopo.

Eluana Englaro ha sospeso l
Eluana Englaro ha sospeso l'alimentazione forzata nel 2009

La scelta dell'eutanasia in Svizzera

Susanna tenta il suicidio con i farmaci, ma i medici la salvano. Chiede aiuto allora ai compagni di scuola che organizzano una colletta anonima di 15mila euro per consentirle di andare a morire in Svizzera, lontano dalle sue amate montagne. Il marito Damiano non è d’accordo, il figlio le chiede di rimandare. Ma Susanna è decisa e alla fine loro lo accettano. Nel marzo del 2016 Claudio si offre di accompagnarla. «Mi sono offerto perché era un’amica che chiedeva aiuto. Pur non essendo una decisione presa a cuor leggero, ho preferito agire in questo modo piuttosto che farla andare in taxi o con uno sconosciuto. Lei voleva morire a casa nel suo letto e con il suo medico, come Dj Fabo dopo di lei».

«La scelta di andare in Svizzera è stata sofferta, ma non ce la faceva più. Era l’unica via di uscita, per cui ci siamo rivolti a Exit Italia, l’associazione per il diritto all’eutanasia, che ci ha dato informazioni sul viaggio. Mi ha detto: “ho rincorso la mia malattia per anni, ora scelgo di andare in Svizzera a morire”».

Fabiano Antoniani, Dj Fabo, è stato portato in Svizzera da Marco Cappato
Fabiano Antoniani, Dj Fabo, è stato portato in Svizzera da Marco Cappato

L'ultimo viaggio di Susanna

Claudio e Susanna partono prima degli altri parenti e amici. «È stato surreale ma molto umano. Lei era molto forte. Abbiamo parlato della nostra amicizia, della nostra famiglia, dei nostri ricordi. A un certo punto le ho detto: “Ecco le tue amate montagne” e lei mi ha risposto: “sì ma tanto non potrò più andarci, non mi mancheranno”. È stato un viaggio anche piacevole da un certo punto di vista, bastava non pensare allo scopo finale, anche se ero molto cosciente di quello che stavo facendo. Sapevo che era giusto così, che era meglio avere a fianco l’amico di sempre piuttosto che un estraneo».

Claudio si è poi autodenunciato per l’aver accompagnato Susy, senza, però, conseguenze. «A distanza di anni non sono pentito di quello che ho fatto e spero che, quando sarà il mio momento, il tutto si possa fare nel nostro Paese con il nostro medico curante, in modo meno traumatico».

Claudio Scazzocchio ha accompagnato Susanna in Svizzera
Claudio Scazzocchio ha accompagnato Susanna in Svizzera

Come accedere al trattamento

Il primo a sollevare la questione eutanasia e il diritto all’autodeterminazione del malato è stato Piergiorgio Welby, affetto da anni da distrofia muscolare. Attivista, giornalista e co-presidente dell’associazione Luca Coscioni, nel 2006 chiede al medico Mario Riccio di porre fine alle sue sofferenze e di staccare il respiratore sotto sedazione. Il caso Welby servì da apri-strada. Tre anni più tardi, la storia di Eluana Englaro spaccò l’Italia in due, rimasta in stato vegetativo per 17 anni, prima che il padre Beppino sospendesse l’idratazione artificiale e l’alimentazione forzata.

Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo, rimasto tetraplegico dopo un incidente, ha dovuto, invece, lasciare l’Italia. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, lo ha accompagnato a morire in Svizzera nel febbraio 2017. Incriminato per istigazione al suicidio, è stato assolto solo nel 2019 dalla Corte di Assise di Milano «perché il fatto non sussiste». La Consulta si era già pronunciata affermando che «una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma che resta pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

Pier Giorgio Welby ha combattuto per il diritto all
Pier Giorgio Welby ha combattuto per il diritto all'eutanasia

Una legge sull'eutanasia che non c’è

Al momento in Italia c’è una proposta di legge presentata dall’associazione Luca Coscioni che ha anche lanciato l’hashtag “#liberifinoallafine”. Secondo il progetto, «Ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale» anche nel caso «la richiesta sia motivata dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi».

La legge 219 del 22 dicembre 2017, invece, prevede solo le disposizioni anticipate di trattamento, un documento nel quale si può indicare a quali terapie si voglia rinunciare e che prevede la sedazione terminale ma non il trattamento eutanasico volontario. La recente sentenza della Corte costituzionale sul caso dj Fabo ha aperto una breccia verso il suicidio assistito. Ma dal parlamento tutto tace.

Marco Cappato e la storia di dj Fabo

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