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Se il distanziamento sociale diventa distanziamento di classe

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Il lockdown dovuto al coronavirus è una terapia e come ogni terapia non è priva di effetti collaterali. Il più evidente è la trasformazione del distanziamento sociale in distanziamento fra classi: partendo dalla ridefinizione di cosa è essenziale e cosa no, ha disegnato, con un deciso tratto a matita nera, confini indelebili all’interno della polpa della società. Ma il processo è solo all’inizio.

Diritti in vendita

Se c’è una lezione che il coronavirus ci ha dato è che la salute non è un diritto universale. Un brusco risveglio fatto di tamponi a 200 €, test sierologi a domicilio a 82 € e mascherine introvabili. Come ci dice l’avvocato Gianluca Di Ascenzo di Codacons: «c’è un’estrema differenza di trattamento tra chi ha grandi disponibilità economiche e chi no».

Il distanziamento sociale cambierà la società
Il distanziamento sociale cambierà la società

«Il coronavirus ci ha posto di fronte a una forte limitazione dell’esercizio del diritto alla salute». Che si trasforma anche in diritto alla mobilità. «Chi può permettersi trattamenti a domicilio può disporre della possibilità di sapere se può muoversi o meno». E intanto i prezzi dei mezzi pubblici, con la scusa di scoraggiarne l’uso, favoriscono i più abbienti. Come spiega Il Messaggero, con una diminuzione prolungata della domanda a causa del coronavirus, i trasporti costeranno molto di più.

Scuola e lavoro ai tempi del coronavirus

Non solo diritto alla salute: il Covid ha accentuato le differenze tra chi può accedere allo studio e chi no. «Nonostante gli sforzi fatti dai gestori di rete o la distribuzione di tablet da parte di enti locali e associazioni, nel 2020 ancora parliamo di digital divide», continua Di Ascenzo. La comunità di Sant’Egidio denuncia che almeno il 61% dei bambini dai 6 ai 10 anni non ha svolto neanche una lezione on line. Un dato altissimo che segna una profonda demarcazione tra studenti di serie A e studenti di serie B.

La protesta a distanza di Tel Aviv
La protesta a distanza di Tel Aviv

Anche il lavoro diventa diritto in vendita, con lavoratori che si dividono tra chi può permettersi una connessione a Internet e un pc e chi è costretto a un’immobilità forzata. «Ci sono famiglie del ceto-medio basso, che sono la maggioranza in Italia, dove bisogna prenotarsi per andare in bagno. Sono ferite profonde, sono disuguaglianze sociali», sottolinea il professor Franco Ferrarotti. « Le disuguaglianze di oggi non si vincono solo con la buona volontà, bisogna scavare, le ragioni sono strutturali». Insomma, non andrà proprio tutto bene.

I nuovi poveri del coronavirus

A Verona, nel ricchissimo Veneto, le persone che si sono rivolte alla Ronda della Carità durante la quarantena dovuta al coronavirus sono triplicate. Antonio Albrighetti spiega che si tratta perlopiù di precari e pensionati. «Siamo passati da ottanta persone a duecentodieci». A Roma, a ricorrere alla Caritas sono anche i lavoratori dello spettacolo. La quarantena ha prodotto 38mila poveri, un incremento pari al 105%, circa 470 nuovi utenti per ognuna dei 318 punti Caritas.

I mezzi pubblici diventeranno costosi
I mezzi pubblici diventeranno costosi

A chiedere aiuto, tante famiglie, ma anche tanti lavoratori autonomi in attesa degli accrediti da parte dello Stato. Con l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, quella livella sociale che il coronavirus avrebbe dovuto innescare si è trasformata in un distanziatore fra classi. E così, c’è chi ha retto meglio all’incremento del +8% della frutta e del +5% di latte e verdura. Aumenti anomali e poco giustificabili su cui sta indagando anche l’Antitrust. E il dito resta puntato contro la grande distribuzione.

La società delle disuguaglianze

A marzo scorso, il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo definì il coronavirus «un grande equalizzatore». Ma in realtà, come spiega il professor Fabio Perocco dell’Università di Venezia, «questa crisi approfondisce la polarizzazione sociale interna agli Stati e le disuguaglianze globali, peggiora le condizioni dei gruppi sociali svantaggiati, acutizza le disuguaglianze scolastiche, sanitarie, lavorative, reddituali, nei consumi, nell’uso del tempo».

Il coronavirus è il nostro futuro

«Il detto “siamo tutti nella stessa barca”, “siamo tutti uguali”, è una grande bugia perché la circolazione del virus, le possibilità di contrarlo oppure no, la prevenzione e la cura, la vita quotidiana ai tempi del coronavirus, le risorse materiali e simboliche a disposizione, sono tutti elementi legati alla posizione sociale, alla classe sociale di appartenenza: la disuguaglianza sociale è la distanza tra le classi sociali». E così, si porta a compimento quel processo di crescita strutturale delle disuguaglianze, tipica dell’era neo-liberista, con vecchie e nuove disparità che con il coronavirus si sovrappongono e si intrecciano, senza mai elidersi, in un’addizione sempre in rosso. Chiusi nella torre d’avorio del distanziamento sociale, il mondo alla fine del lockdown del coronavirus ci appare un luogo ostile, dove le logiche di mercato affiorano come nervi scoperti di un sistema, quello dell’accumulazione capitalistica, che sta rivelando tutta la sua instabilità. A noi la scelta se essere solo spettatori passivi.

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