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Cosa pensano i virologi della Fase 2?

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Con l’allentamento della quarantena, l’Italia si prepara alla "fase 2", quella di convivenza con il coronavirus. Un momento delicato, in cui un passo falso significherebbe, secondo gli esperti, vanificare i sacrifici di queste settimane. Non solo: il rischio è quello che Sars-CoV-2 possa sfuggire di mano, ritrovandoci in uno scenario ben peggiore di quello sperimentato fino ad adesso. Ma cosa pensavo i virologi e infettivologi di questa seconda fase?

Il virologo Andrea Crisanti: «che il caldo ci salvi»

Il dottor Andrea Crisanti
Il dottor Andrea Crisanti

Secondo il dottor Andrea Crisanti dell’università di Padova e responsabile del Laboratorio di microbiologia e virologia, la fase 2 è stata impostata «senza criterio scientifico». Come ha spiegato ad Adnkronos Salute, non vede risposte razionali all’orizzonte. «Basti pensare a un dato: abbiamo chiuso l'Italia con 1.797 casi al giorno e la riapriamo tutta quanta insieme con 2.200. Ѐ una cosa senza metrica». E, secondo il virologo, non ci resta che sperare che la bella stagione uccida il virus. «Ci si è mossi senza considerare le differenze regionali, senza valutazioni del rischio. Ѐ chiaro che il rischio coronavirus è diverso tra regione e regione e non è uno dei fattori che viene valutato. In conclusione, nell'equazione che si sta utilizzando non entra la valutazione del rischio». Negli ultimi giorni il dott. Crisanti ha rilasciato alcune dichiarazioni riguardo ai nuovi focolai: «È ciò che avevamo previsto. Ci aspettavamo di avere a che fare, passata l’ondata principale della pandemia, con questi focolai. Del resto il virus non se ne è andato. Gli italiani hanno avuto messaggi contraddittori dai politici, che non hanno dato il buon esempio. Prima si dice che siamo in pericolo, poi che bisogna sbrigarsi a riaprire tutto perché l’economia è la cosa più importante. Qui in Veneto, un giorno si chiede di far ripartire le discoteche e quello dopo si invita a stare attenti. Il virus circola ancora ed esiste un certo livello di rischio, come i casi di questi giorni stanno a dimostrare».

Roberto Burioni: occhio a distanza e aria condizionata

Il professor Roberto Burioni
Il professor Roberto Burioni

Il virologo assicura che «la distanza e l'attenzione ai flussi d'aria» saranno due elementi chiave nella nostra nuova vita con la fase 2 dell'emergenza coronavirus. Lo riporta sul suo portale Medical Facts dove, portando ad esempio il caso di un contagio di coronavirus in un ristorante di Guangzhou«I getti dei condizionatori creano forti correnti d'aria, ecco il motivo per cui la trasmissione è avvenuta a distanza superiore di un metro. La distanza e l'attenzione ai flussi d'aria saranno i due elementi ai quali ci dovremo affidare per la protezione contro l'infezione quando tenteremo di riprendere la nostra vita normale».

L’ottimismo di Pregliasco

Il virologo Fabrizio Pregliasco
Il virologo Fabrizio Pregliasco

Fabrizio Pregliasco, è convinto che i dati attuali fotografino una situazione che si avvicina lentamente alle condizioni favorevoli alla fase 2 dell’emergenza coronavirus. «La Lombardia migliora ma con Milano e Brescia ancora in ritardo. Purtroppo il dato sui decessi migliorerà più avanti perché è l'effetto di situazioni verificatesi nelle scorse settimane». «Si è scelto a mio parere un approccio condivisibile che possiamo definire 'sartoriale' e a step successivi. Con l'obiettivo di intervenire subito e in modo mirato laddove i valori dovessero risalire. Il problema, piuttosto, è aver alimentato l'attesa di una data fatidica (il 4 maggio ndr), che poi si è rivelata deludente».

Ilaria Capua: «siamo in ritardo per la fase 2»

La virologa Ilaria Capua
La virologa Ilaria Capua

La virologa spiega a Di Martedì che manca ancora un'idea chiara di come l'infezione si sia diffusa in Italia. «Ѐ una malattia che dipende da tanti fattori, quello che manca è capire come è messo il paese. Ѐ verosimile che non sia messo tutto nello stesso modo». Siamo quindi in ritardo per ciò che si deve fare nella fase 2 dell’emergenza coronavirus. E per l’annosa questione su chi spetti il compito di gestire la situazione, risponde che la parola chiave è collaborazione. «In questo mondo non vanno bene le persone che parlano una lingua sola, il politichese o lo scientifico stretto. Le decisioni su questi problemi così importanti e complessi devono essere prese in collaborazione e devono essere prese ascoltando le ragioni prima di tutto della salute e poi dell'economia, del tessuto sociale».

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