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L'avanzata del fascismo che marcia sui profughi in Grecia

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I neofascisti affondano i loro stivali nel fango dei campi profughi e sulla sabbia delle spiagge dell’isola greca di Chios. Dall’Europa la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, saluta la Grecia come lo scudo europeo. Un termine che evoca i trecento alle Termopili, come se la vera minaccia fosse un pugno di disperati e non l’estrema destra che alza la testa in tutta Europa. Oggi è arrivata anche la sentenza della Corte d'Appello di Atene: Alba Dorata, il gruppo fascista greco, ha agito come un'organizzazione criminale quando ha ucciso il rapper KillahP.

I fascisti e la violenza che si fa carne

La crisi dei migranti in Grecia rappresenta un’opportunità da leccarsi i baffi per i fascisti dell’ultima ora. Adesso che pure la guardia costiera cerca di affondare i barconi ed è arrivata la conferma dell'uccisione di un ragazzo siriano da parte delle autorità greche, la violenza da verbo si fa carne. Ricoperta di lividi, sporca di sangue, segnata dai manganelli. Si spiegano così i pestaggi a Lesbo e che non hanno risparmiato neanche i giornalisti, con la polizia che, secondo quanto riportato da alcune fonti, è rimasta a guardare.

Disordini con la polizia a Chios e Lesbo
Disordini con la polizia a Chios e Lesbo

Come l’Europa d’altronde, strozzata dal ricatto di Erdogan, che spera in un sostegno a Idlib in Siria, e alle prese con l’epidemia di coronavirus. Mentre ad ovest gli europei corrono ad accaparrarsi mascherine e igienizzanti, Alba Dorata annuncia aperta la stagione di caccia al profugo. Dinos Theoharidis capo delle squadre anti-migranti e colonnello di Alba Dorata si presenta come un patriota. Ad Avvenire ha detto: «Lo siamo tutti, come Salvini lo è in Italia».

L’incendio della warehouse di Vial

Elena De Piccoli è a Chios da luglio 2019. Lavora per l’associazione Stay Human nel campo profughi di Vial e ha collaborato con One Family - No Borders nel magazzino CHIOS, fondato da alcuni locali che è stato dato alle fiamme. Ci dice che i fascisti sono disposti a tutto pur di mandare via le ong dall’isola. «Hanno ricoperto di benzina anche il nostro furgoncino con cui portavano le scorte al campo. Ormai siamo lo specchio di quello che sta accadendo a Lesbo: quello che accade sull’isola, dopo poco si riflette a Chios».

I profughi dei campi di Lesbo e Chios
I profughi dei campi di Lesbo e Chios

Del magazzino rimangono sono i muri. Arrivare al campo è impossibile: gli estremisti di destra hanno bloccato le strade di accesso e sventolano bandiere greche. Adesso non c’è più paura a definirsi fascisti. Anzi. È un punto d’orgoglio, che prende gli abitanti dell’isola per sfinimento. Alle manifestazioni di solidarietà partecipa qualche decina di persone. «Mi sento minacciata, ma non sento l’esigenza di lasciare l’isola anche se molte associazioni stanno richiamando i loro volontari. Di sicuro, adotterò un basso profilo: all’interno del magazzino potevo esserci io o qualcuno dei miei amici».

Strategia del caos

L’estrema destra in Grecia punta alla costruzione del nemico venuto da lontano per “inquinare” la purezza della cultura e dei costumi del Paese. Per farlo ha anche appeso alla bacheca del campo di Vial di Chios un annuncio in cui chiedeva ai profughi di lasciare l’isola e andare ad Atene con una navetta. Nel campo si è scatenato il caos, alimentato dalle speranze dei migranti che speranzosi di fare i bagagli verso una nuova vita.

I fascisti greci di Alba Dorata
I fascisti greci di Alba Dorata

A fare da scudo ai neofascisti, le rassicurazioni dell’Europa e del governo greco, che ha anche ritirato da Chios i propri poliziotti mandati da Atene per contenere le proteste per i nuovi sbarchi. Nel frattempo, però, lascia il pattugliamento delle spiagge ai militari, che respingono ogni tentativo di attracco. Il blocco degli accessi al campo di Vial, dove sono stipati 6mila profughi, rischia di scatenare una crisi sanitaria e umanitaria senza precedenti in un’Europa mai così accondiscendente dai tempi di Srebrenica, durante la guerra in Jugoslavia. Qualcuno la chiamerebbe realpolitik, altri pericolosa indifferenza.


La situazione a Lesbo dopo l'incendio di Moria

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