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Negli USA aumentano le vendite di armi. E i massacri nelle scuole

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Uno studente di 18 anni, Salvador Ramos, è entrato nella scuola elementare di Uvalde, in Texas, sparando con una pistola e un fucile sui bambini. Aveva acquistato le armi appena divenuto maggiorenne. Il bilancio è di 21 morti, tra i quali 19 bambini. Ramos sarebbe stato ucciso dall’intervento della polizia. Lo riferisce Greg Abbott, governatore dello stato della Stella solitaria, attraverso la CBS. Il massacro sarebbe avvenuto dopo le 14, a poco più di una settimana dalla chiusura estiva della scuola. Una strage che avviene a poco più di un mese da quella di Brooklyn e a un anno da quella di Indianapolis (stavolta in un ufficio): 8 morti e 9 feriti. «Solo in questo Paese i genitori non sono sicuri che i propri figli siano salvi in una scuola» ha commentato Randi Weingarten, presidente della Federazione Americana Insegnanti. Un massacro, questo di Uvaldale, che ricorda la terribile strage nella scuola di Columbine, avvenuta vent’anni fa in Colorado. Un evento che rese evidente a tutto il mondo il problema dei mass shooting nelle scuole e nei luoghi pubblici americani.

Mass shooting a scuola e sul luogo di lavoro

Columbine rappresentò il secondo, più grave, massacro scolastico con armi da fuoco della storia americana. Il primo, alla Virginia Polytechnic Institute and State University, avvenne 8 anni dopo Columbine, il 16 aprile 2007. Il ventitreenne Cho Seung-hui, studente di origine coreana vittima di gravi atti di bullismo, uccise 32 persone, ne ferì altre 29 con due pistole semiautomatiche, per poi suicidarsi. Ma le stragi con arma da fuoco non sono un problema solo per le scuole. La sparatoria di Indianapolis che ha colpito la FedEx ad aprile scorso, arrivava alla fine di un mese caldissimo che aveva già visto il mass shooting di Atlanta del 17 marzo (otto morti) e quella di Boulder del 22 marzo (dieci morti). Quest’ultimo aveva sollevato una vasta ondata di indignazione. Nella città del Colorado, infatti, era stata vietata la vendita di armi d’assalto nel 2018 ma la NRA (National Rifle Association, principale lobby americana delle armi) aveva fatto ricorso vincendolo il 12 marzo scorso.

Secondo la ricostruzione della polizia, il 16 marzo, quattro giorni dopo l’abolizione del divieto, Ahmad Al Aliwi Alissa era riuscito ad acquistare il Ruger AR-556 con cui poi ha compiuto la strage. Francesco Costa, autore di Questa è l’America, ha descritto il legame tra armi e massacri in USA durante un’intervista per la presentazione del suo libro: «C’è chi sostiene che le stragi da arma da fuoco non siano dovute al proliferare di armi, ma a qualche aspetto peculiare della cultura e della società americane, come se la propensione alla violenza fosse più marcata lì che altrove. Non è vero: se si guarda al numero di reati commessi, ad esempio le rapine, si vede che il tasso per abitante non è così diverso tra Londra e New York. Il problema è che a New York è molto più probabile che spunti una pistola e ci scappi il morto. Ci sono semplicemente più armi, e prima o poi qualcuno che le utilizza spunta fuori».

Armi pro capite e stragi

20mila vittime di omicidio l’anno, di cui 14mila da arma da fuoco e 120,5 armi ogni 100 abitanti. Questo, il risultato dello studio compiuto dal Centers for Disease Control and Prevention, che fa parte del Dipartimento della Salute statunitense, nel 2017. Nel 2020 la stessa organizzazione parlava di 45.222 morti per arma da fuoco in USA (per incidente, suicidio e omicidio), di cui più di 4mila bambini o adolescenti. Le armi da fuoco diventano così la prima causa di morte per quella fascia d'età. Numeri esorbitanti se si considera che in Italia, paese cinque volte meno popoloso, il numero di vittime l’anno è più di 300 volte meno degli USA. Al problema della diffusione non solo delle armi, ma di certi tipi di arma, in particolare i fucili d’assalto, si è poi legato quello dei mass shooting, sempre più numerosi.

Secondo il Gun Violence Archive, il numero di questi “omicidi multipli con armi da fuoco, in cui quattro o più vittime sono uccise” è quasi triplicato in sei anni, passando dai 269 del 2014 a 614 nel 2020 e 693 nel 2021. Un trend che si spiega anche con la crisi sociale ed economica che ha investito, dal 2008, la periferia americana, principalmente bianca e culturalmente legata ad associazioni come l’NRA. Un intero popolo arrabbiato e impoverito che ha visto naufragare il proprio sogno americano e che sembra pronto a esplodere, disperato e armato fino ai denti.

Quando Barack Obama tentò di mettere fine all'abuso delle armi in America

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