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È arrivato il momento di abolire il numero chiuso a Medicina

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L’emergenza coronavirus ha portato alla luce la difficoltà del Sistema Sanitario Nazionale nella risposta alle emergenze. Con terapie intensive piene e turni massacranti da parte degli operatori sanitari. Una carenza temporanea che rischia di diventare strutturale. Un vero e proprio imbuto formativo che parte dal test di ammissione alla facoltà di Medicina e culmina con le difficoltà nell’accesso alle specializzazioni. I non ammessi hanno vinto il ricorso collettivo contro questa pratica: «Una sentenza storica», commenta Massimo Tortorella di Consulcesi, che ha assistito gli studenti, «il Consiglio di Stato ammette che il numero di posti per entrare a medicina era inferiore al fabbisogno». Un problema reale che fa il paio con la mancanza di personale negli ospedali.

Mancano i medici

Secondo un noto studio ANAAO 2018-2025, è previsto un ammanco di circa 16.700 specialisti, con carenze più elevate si osservano in Piemonte e Lombardia al Nord, Toscana al Centro, Puglia, Calabria e Sicilia al Sud e Isole. Una vera e propria emorragia, inevitabile senza un adeguato rimpiazzo. Secondo i dati diffusi da Eurostat, inoltre, i dottori Italiani sarebbero i più vecchi d'Europa con il 54% del totale con un’età superiore a 55 anni. Gli organici ridotti obbligano i medici a turni gravosi, surplus di orario, ferie non godute e pensioni sempre più lontane. Il 1999 è l’anno in cui viene introdotto il numero chiuso per la facoltà di Medicina e di altre materie scientifiche. Accesso che fino al 1923 era riservato solo a chi aveva frequentato il liceo classico. Da quella data venne esteso anche agli studenti del liceo scientifico; solo nel 1969 la facoltà fu aperta a tutti i diplomati. Per gli aspiranti specialisti il traguardo è ancora più lontano a causa del complicato accesso ai percorsi post-laurea e per l’impossibilità di completare la formazione negli ospedali pubblici. Una serie di blocchi pratici e normativi che, di fatto, hanno favorito più gli interessi corporativi che il pubblico servizio.

I giovani e il test d'ingresso

Il test di medicina è un rompicapo fatto di logica, matematica e chimica. Un labirinto in cui tenacia e attitudine hanno molto a che fare con lo studio di manuali preparatori dalle copertine fluorescenti, e poco con doti e propensione per la materia. Uno sbarramento che, secondo l’Associazione Nazionali Docenti Universitari, «risponde soprattutto a interessi accademico-professionali, senza alcun rispetto per il diritto allo studio che è anche il diritto a scegliere cosa studiare».

Ogni anno decine di migliaia di giovani tentano il test. Tra gli effetti collaterali arrivano puntuali le denunce di irregolarità, quando va peggio intervengono le procure. Immancabili i ricorsi e i tardivi ripescaggi che mandano in tilt le agende delle facoltà. Nel 2013 alcuni insoddisfatti avevano provato a rivolgersi alla Corte europea dei Diritti Umani: ricorso respinto. Secondo i giudici il numero chiuso non negherebbe il principio di diritto allo studio ma sarebbe uno strumento utile a garantire un’adeguata preparazione degli studenti.

Le proteste contro il test d
Le proteste contro il test d'ingresso a Medicina

Il modello francese

Eppure, un compromesso che tuteli diritto di scelta e merito, senza rinunciare alla selezione, esiste ed è rappresentato dal modello francese. Il sistema transalpino garantisce un libero accesso al primo anno, e solo dopo, una selezione a favore dei più meritevoli. Una via auspicabile anche per molti accademici italiani e culminata in una proposta di legge. Il testo, firmato da Manuel Tuzi (M5S), prevedeva l’istituzione di un’area comune sanitaria per varie discipline mediche e paramediche. L'ammissione al secondo anno sarebbe avvenuta tramite il superamento di un'apposita prova di verifica. Tutto arenato in Commissione Cultura.

La crisi generata dal COVID-19 rappresentava una buona occasione per mettere in discussione uno strumento che ha dimostrato, nel tempo, tutte le sue lacune. La doccia fredda è arrivata con la programmazione delle date dei test 2020. Via alle prove dal 1 settembre. I posti passano da 11.500 a 13.500 per Medicina e Chirurgia, secondo le direttive del Ministero guidato da Gaetano Manfredi. Una magra consolazione per gli aspiranti dottori che, in Italia, rappresentano il numero più alto del continente. Più di 80mila giovani, infatti, desidererebbero indossare un camice bianco. Per la maggior parte di loro la delusione è un fatto matematico. Come la carenza di medici per il Sistema Sanitario Nazionale.

L'aiuto della Croce Rossa Italiana

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