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Anche gli uomini sono vittime di revenge porn

Di revenge porn si muore, donne e uomini. Sì, perché la porno vendetta non bada al sesso: c’è sempre di mezzo un’intimità violentata e rubata, trofeo da gettare ai leoni, da tastiera e non. Come nel caso di G., infilzato alla stregua di un pezzo di carne da macello, o di F., che per la prima volta si è ritrovato nudo per davvero. Storie di ordinario silenzio, che sfilano alle periferie delle pagine di giornale.

Il revenge porn al maschile e la sextortion

I fatti di porno vendetta e ricatti sessuali con protagonisti uomini trovano poco spazio nelle notizie, dove assumono perlopiù la forma di numeri e generalità copiati e incollati dai comunicati stampa ufficiali delle forze dell'ordine. Un atto di fede patriarcale, perché se la donna non può uscire dal ruolo di vittima e come tale va mostrata, morbosamente, anche sui giornali, l'uomo non ha diritto di soffrire. Eppure, dietro i casi di revenge porn e sextortion, c’è lo stesso grado di sofferenza. Lo sa bene, F. che ha scoperto la nudità, quella vera, spiattellata su un manifesto realizzato dalla sua ex. I volantini, sparsi per la sua città, riportavano il suo nome e cognome e la foto di un pene. Colpito nella sua intimità, si è rivolto ad Ankyra, l’unico centro in Italia che si occupa anche di violenza sugli uomini. «Un vero e proprio atto persecutorio», ha spiegato la presidente Patrizia Montalenti. E poi c’è G., morto a 50 anni di sextortion. Su Facebook aveva scritto: «Non intendo cedere a nessun ricatto». «Vi arriveranno delle mie foto prese da una videochiamata (lo so da stupido) ma non intendo cedere a nessun ricatto. Qualcuno ha approfittato del presunto mio momento di debolezza, mi vogliono ammazzare. Però questo lo dico a chi mi vuole bene che intendo lasciarmi tutto alle spalle sto provando con tutte le mie forze a risollevarmi». Ma poi, schiacciato dalla vergogna, ha deciso di suicidarsi lo scorso giugno.

La reale dimensione del problema

I casi di F. e G. sono parte di un mosaico molto più ampio che coinvolge, trasversalmente, tutta la società italiana. L’inchiesta di Wired sul gruppo Telegram di revenge porn, esattamente come la vicenda di Tiziana Cantone, suicidatasi dopo che un suo video intimo era diventato virale su Whastapp nel 2016, mostrano tutta la complessità della NCP (Non consensual pornography, Pornografia non consensuale di cui il revenge porn e la sextortion sono due varianti). Esiste un vero e proprio sottobosco di siti e gruppi che invitano gli utenti a caricare contenuti intimi sensibili. Il primo risale al 2010, fondato da Hunter Moore, che nei primi 3 mesi del 2011 ricevette qualcosa come 10.000 foto. I numeri di questo fenomeno, che riguarda in maggioranza le donne, sono preoccupanti, in particolare se riferiti ai minori:

  • colpisce il 10% della popolazione adulta
  • il 50% delle foto riporta nome, cognome, profilo social
  • il 51% delle vittime pensa al suicidio
  • il 70% delle vittime subisce NCP da partner o ex-partner (revenge porn)
  • Il 58% dei minori ha subìto pressioni per inviare contenuti intimi
  • il 25% delle vittime subisce sextortion prima dei 13 anni

Il pensiero patriarcale finisce per rendere sia uomini che donne vittime di questo sistema di umiliazione pubblica: le donne subiscono spesso la vendetta dei propri partner con l’esposizione pubblica di una sessualità che niente ha di vergognoso se non l’essere praticata da una donna; gli uomini sono soggetti al ricatto o al disprezzo per la debolezza della propria sessualità rispetto al machismo imperante. I maschi sono una minoranza tra le vittime e proprio per questo non hanno una voce. Ancora peggiore la situazione dei minori, la cui vita, in tutti i casi di NCP, è stata stravolta in maniera definitiva. E ora i deepfake hanno aperto un nuovo fronte nella pornografia non consensuale.

L’educazione sessuale e digitale come risposta

Le vittime di NCP sanno che niente sarà più come prima, né gli occhi della gente, né i sorrisi dei conoscenti. Eppure, mattone dopo mattone, l'educazione sessuale può abbattere il sistema dei ricatti e delle porno vendette. E non solo, in un mondo in cui il corpo è anche immagine online, il passo successivo deve essere l'educazione digitale, se davvero il 58% dei minori ha ricevuto pressioni in tal senso e il 25% delle vittime subisce sextortion prima dei 13 anni. Figli in forze di un patriarcato che predica la mortificazione dell'erotismo perdono, infatti, il loro potere di fronte a un piacere liberato dalla paura delle bacchette dei maestri e consapevole dei mezzi e dei rischi della rete. Costretto a confrontarsi con una nudità padrona di sé, il mondo patriarcale lentamente muore e con lui tutti i suoi prodotti.

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