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L'11 settembre dei musulmani italiani
Alle 8:46 del mattino dell’11 settembre 2001 il primo aereo dell’American Airlines si schiantava sulla facciata della Torre Nord del World Trade Center di New York. Era l’inizio di una serie di quattro attacchi suicidi coordinati contro obiettivi civili e militari degli USA da parte di Al Qaida, organizzazione terroristica islamista guidata da Osama Bin Laden. Negli attacchi morirono quasi tremila persone e oltre seimila restarono ferite. La superpotenza era stata attaccata, ferita, e avrebbe risposto sull’onda di un’opinione pubblica infuriata. A pagare il prezzo di quegli attacchi e della fallimentare “Guerra al Terrore” che seguì, però, non furono solo gli USA ma anche i cittadini europei e mediorientali, in particolare musulmani.
L’11 settembre dei musulmani italiani
«Insciallah, finalmente partiamo con il progetto», aveva detto al telefono il padre di Mohamad Khallouf, un pomeriggio distante due anni dall’11 settembre 2001. Lo aveva detto in arabo, al suo socio, nonostante abitasse in Italia con la sua famiglia da molto tempo. Il giorno dopo quella telefonata, alcuni poliziotti in passamontagna presentarono a casa sua. Mohamad aveva solo dodici anni, ma se lo ricorda bene quel giorno. «Hanno perquisito tutta la casa, compreso il mio zaino di scuola. Mia mamma era molto agitata, non sapeva che fare e gli ha offerto un caffè», ha raccontato a VD. Alla fine i poliziotti si sono scusati per il malinteso: era appena iniziata la stagione del terrorismo islamista, poche parole in arabo erano bastate a mettere il sistema in allarme. Mohamad era un bambino l’11 settembre 2001. Ha qualche ricordo confuso, dice di ricordare i giochi con suo fratello e suo padre che arriva e accende Al Jazeera e le immagini delle due torri. Quello che si ricorda bene, però, è che dopo quel giorno, la sua vita in Italia è cambiata. «Abito in un paesino in provincia di Varese. All’asilo ero l’unico straniero, ero la novità, non ero percepito come il ragazzo diverso. Ma dopo l’11 settembre ho avvertito un cambio di tensione nei miei confronti. Una tensione legata all’incapacità di riconoscere il proprio nemico».
Assia Belhadj oggi ha trentasei anni. Anche lei, come Mohamad, ha scoperto cosa era accaduto a New York da Al Jazeera. «Ero nella mia casa in Algeria. Appena ho visto la notizia ho chiesto a mio papà: “Perché fanno questo? Perché uccidono le persone? Questo non rappresenta l’Islam”. Ero scioccata. Ho chiesto a mio padre di andarmi a comprare un quaderno e ho cominciato a scrivere su quanto stava accadendo. Sentivo che era ingiusto trasmettere il messaggio che quanto era successo era avvenuto in nome dell’Islam». Da quel momento, essere musulmani in Italia e in Europa è diventato più difficile. «In strada, non vedono Assia, vedono un Islam legato al terrorismo. Mi sono accorta di sguardi e gesti che fanno più male delle parole. C’è chi, vedendomi dalla macchina, mi grida “Allah-u-akbar” e scappa. Sui social mi è stato detto che sotto il velo potevo portare anche una bomba. Questi episodi mi spingono a impegnarmi di più per far conoscere la mia religione».
L’11 settembre 2001, Yassine Lafram aveva quindici anni. «Ero in vacanza in Marocco, dove sono nato. Eravamo tutti increduli. Nessuno di noi riusciva a comprendere che cosa stesse succedendo. Ci si chiedeva se fosse un incidente o un attacco. Ma già dai primi attimi si cominciò a parlare di attentato. Sapevamo che questo avrebbe avuto delle ripercussioni». Ripercussioni che per Yassine sono pesate soprattutto sulle nuove generazioni. «Dopo l’11 settembre alcuni musulmani hanno subito un danno, fanno fatica a esprimere la loro religiosità e tentano di camuffarla perché hanno paura. E questo accade soprattutto tra i giovani». Ma l’11 settembre ha portato a galla anche una rinnovata voglia di dialogo da parte della comunità musulmana. Per Mohamad, ad esempio, si è tradotta nell’aiutare con il volantinaggio il candidato sindaco leghista del suo paese durante le elezioni. «Volevo capire il suo punto di vista», ha detto. «Da parte dei musulmani c’è una sorta di chiusura mentale, legata al fatto di sentirsi vittime, di sentirsi osservati. Ma noi ragazzi dobbiamo avere la capacità di parlare di aprirci al dialogo. Questo ai nostri genitori non riusciva per un limite linguistico, mentale. Adesso sta a noi».
Islamofobia e attentati. Il prezzo che ha pagato l’Europa
Le conseguenze dell'11 settembre travolsero, prima di tutto, il Medio Oriente che, lo ricordiamo, era ed è abitato da centinaia di milioni di persone che non hanno niente a che fare con il terrorismo. L’azione di Al Qaida, una trappola per attirare gli USA nella regione e danneggiare la credibiltà dei paesi islamici loro alleati, causò centinaia di migliaia di morti tra la popolazione civile, la caduta di intere nazioni, l’alba dell’Isis e le ondate di profughi verso occidente. E al Medio Oriente seguì l’Europa. Prima di tutto dal punto di vista della sicurezza: se l’11 settembre colpì duramente gli USA, gli attentati degli anni seguenti furono diretti alla popolazione civile europea. Dieci azioni terroristiche ufficiali ebbero luogo in UE negli anni seguenti all’11 settembre. Dal 2004 al 2015 (Madrid, Londra e Parigi) organizzate da Al Qaida, dal 2015 al 2017 (Parigi, Bruxelles, Nizza, Berlino, Manchester, Londra e Barcellona) dall’ISIS.
Questi attentati causarono più di 500 morti, migliaia di feriti e scatenarono il panico nella popolazione. A questo clima di insicurezza (acuito dalla comparsa dei cosiddetti “lupi solitari”) si collegò la crescente islamofobia divenuta, negli anni, un problema per la convivenza europea (area dove vivono circa 50 milioni di musulmani, esclusa la Turchia). Nel 2019, quasi venti anni dopo l’11 settembre, il Rapporto annuale della Commissione europea segnalava che «L’Europa si trova di fronte a una terribile realtà: i reati generati dall’odio antisemita e anti-musulmano, nonché altre forme di odio razziale si moltiplicano a un ritmo allarmante». Secondo un’indagine del Pew Research Center del 2017 l’islamofobia è particolarmente grave in nazioni come l’Italia che, dopo l’Ungheria, ha il tasso più alto di pregiudizio negativo verso i musulmani: 69%, e una percezione della presenza islamica quattro volte superiore alla realtà (5% contro 20% secondo Ipsos MORI). Gli italiani sono i peggiori anche per inclusività in Europa: da un’altra indagine del Pew Research Center del 2019 solo il 43% accetterebbe un musulmano in famiglia e appena il 65% lo vorrebbe come vicino di casa.
Questo sentimento islamofobo crescente (alimentato anche dalla xenofobia, in particolare con l’arrivo di profughi dall’area siro-iraqena martoriata dall’ISIS) ha fatto da traino alla proliferazione di movimenti di estrema destra. Secondo Islamophobia in Italia. Rapporto nazionale 2018 rilasciato dalla Fondazione SETA, «il clima xenofobo e anti-Islam alimentato dai tradizionali attori politici della destra, Lega Nord e Fratelli d’Italia, dei movimenti di estrema destra (Casa Pound a Forza Nuova) e dai settori più conservatori dei mass-media, come ad esempio Il Giornale, ha avuto effetti molto negativi a livello sociale legittimando comportamenti di stampo razzista. Si sono accresciuti sia al Nord che al Sud gli attacchi fisici e verbali nei confronti dei migranti, richiedenti asilo, rifugiati e cittadini musulmani fino ad arrivare ad eventi drammatici». Secondo Vox - Osservatorio italiano sui diritti, il 65% dei 2 milioni e mezzo di musulmani italiani ha subito atti di islamofobia. Questo odio si è riversato anche online: nel 2016 si contavano 22.435 tweet islamofobi in Italia, nel 2017/2018 erano diventati 64.934. Tutto questo ha avuto effetti tangibili sulla tenuta delle nostre democrazie e sulla qualità della vita di tanti cittadini europei, di confessione musulmana o meno, che sono stati travolti dal sospetto e dal pregiudizio.
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