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Musica dal carcere più duro del Camerun. La storia della Jail Time Records
La grande stanza dei condannati a morte nella Central Prison di Douala in realtà ha parecchie funzioni. È più una sala polivalente che si può adibire a varie attività: bastano delle sedie e un prete battista per improvvisare una messa, o un vecchio televisore catodico mezzo scassato per ricavare un piccolo cinema. C'è pure un gruppetto di detenuti che si riunisce per fare freestyle sparando rime improvvisate da piccoli speaker. E visto che in Camerun non viene giustiziato più nessuno dal '97 (molto spesso le condanne sono commutate in ergastoli), alla fine la stanza dei condannati a morte svolge mille funzioni tranne la sua. Per fortuna.
La musica dal carcere più duro del Camerun
Qui, comunque, nel grande spazio comune del carcere, Dione Roach sente rappare per la prima volta i ragazzi che poi finiranno per essere il primo nucleo di Jail Time Records, l’etichetta nata nella prigione più dura e malfamata del Camerun. È il 2017 e l'artista italo-australiana sta iniziando il suo anno di servizio civile nel Centro Orientamento Educativo, una ONG che opera nel carcere di Douala organizzando corsi per i detenuti, principalmente di cucito.
«Ho iniziato a fare volontariato tenendo corsi di pittura per i minorenni» mi racconta Dione al telefono da Douala (il Camerun e l'Italia, tra l'altro, hanno lo stesso fuso orario). «Avevo un sacco di amici ballerini e musicisti fuori [dal carcere], così ho iniziato a creare degli eventi di hip hop dentro la prigione, sia di danza che di musica. E là c’era questo gruppo di rapper che facevano freestyle: avevano un’energia fortissima, un flow molto potente. Era qualcosa di vero.»
Com'è nata la Jail Time Records
Dal canto suo, la mente dietro a Jail Time, all'epoca 28enne, non ha mai visto la musica come un territorio affine al suo, che se vogliamo è quello delle arti visive. Ma nel momento in cui sente i ragazzi snocciolare rime capisce che qualcosa va fatto. Così li avvicina e propone al gruppetto di iniziare a fare «qualcosa insieme, anche se ancora non sapevo cosa». L'idea di fare un album della prigione è la più sensata. Ma per fare un disco serve prima uno studio dove registrarlo. E visto che stiamo pur sempre parlando di una prigione, lo si deve costruire necessariamente dentro.
La ONG per cui fa volontariato intercede per prima con le autorità della prigione, finanziando anche l'equipaggiamento base per allestire lo studio. Ma nel momento in cui viene finalmente completato, Dione si ritrova con un progetto da mandare avanti da sola e il famoso anno di volontariato agli sgoccioli. Qualche giorno prima di tornare in Italia miracolosamente incontra Steve, in arte Vidou H, un detenuto che fa il fonico e produttore. Con lui la nostra entra subito in sintonia. «Gli ho dato le chiavi dello studio e sono volata in Italia, chiedendogli costantemente di mandarmi la musica che registrava coi ragazzi» dice, con marcato accento fiorentino.
Il primo singolo, Tuerie 1
In 4 mesi Vidou non le manda nulla, manco uno spezzone su WhatsApp. «Faceva il vago, mi diceva di aspettare.» Al ritorno in Camerun, la meraviglia. Steve ha esteso le registrazioni non solo al primo gruppetto iniziale di rapper, ma anche ad altri carcerati più orientati alla musica tradizionale. Con le sue basi elettroniche però il producer è riuscito a dare comunque un'influenza attualissima ai pezzi, collegando con lo stesso fil rouge un album fatto di generi tra loro lontani come grime e makossa, rap e cantati ngoso.
Quanto ai temi nei pezzi, quasi tutti cantati in francese, il topos più ricorrente è senza dubbio il guaio esistenziale. Il malessere della prigione. Douala è la città più popolosa in Camerun, ed essendo anche il fulcro economico e commerciale è anche un crocevia di traffico e criminalità. Non c'è allora da stupirsi se la sua prigione «più che un carcere sembra un campo profughi» ammette Dione. «Non c’è isolamento, sono circa in 5mila tra uomini, donne e minori in uno spazio piccolissimo che dovrebbe ospitare al massimo 700 detenuti.» Ma non c'è solo critica sociale. Mentre alcuni artisti come Stone Larabik rimangono più conscious sentendo la colpa delle responsabilità di padre mancate, altri possono permettersi la frivolezza di parlare delle sole ragazze. Oppure di violenza come in Tuerie 1 di Landy ft. D.O.X. ft. Debit (in francese, assassinio), il primo singolo dell'album che esce proprio oggi corredato di video (che potete vedere a questo link).
La musica può cambiarti la vita
L'omicidio però non è la causa principale della reclusione degli artisti. La maggior parte dei ragazzi con cui ha lavorato Dione è dentro per reati legati alla droga o al traffico d'armi. «Molti hanno rubato per comprarsi il crack» racconta. In generale sono reati piccoli, che però in Camerun possono costarti molto cari. «Qui nelle strade vige quella che chiamano "giustizia popolare": se ti beccano a rubare vieni ucciso di botte dalla gente del quartiere.» Due degli artisti presenti nel disco, Chimico e Vankings, sono già morti per questo.
L'esperimento Jail Time sta funzionando perché tiene i ragazzi lontani dai guai. Ma le vicende di Chimico e Vankings sono la prova che serve uno studio soprattutto fuori dalla prigione, dove cioè gli ex detenuti hanno una probabilità altissima di ricascare negli stessi errori. «Dobbiamo allargarci, dobbiamo poter contare su altra gente che lavori con noi al di fuori dalla prigione» conclude Dione. «Perché il vero momento di confronto è quando esci: è il momento critico in cui devi riuscire a tenerli agganciati con la musica, oppure si perdono.»
Jail Time Records è un progetto di Bloom-Onlus. Per sostenerlo, l’IBAN dell’associazione: IT45 G030 6909 6061 0000 0178 152.
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