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«Per essere credibili in questo paese bisogna essere ammazzati»

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Antonino Caponnetto disse: «Giovanni Falcone iniziò a morire nel 1988». L’ex capo del pool antimafia si riferiva all’ennesimo schiaffo preso dal giudice durante la sua carriera, quando il Consiglio superiore della magistratura, secondo le parole di Paolo Borsellino, «con motivazioni risibili, gli preferì il consigliere Antonino Meli» alla guida dei PM di Palermo.

Perché se nessuno, oggi, dubita dell’integrità di Falcone e Borsellino è solo perché ormai sono morti. Durante la loro vita, al contrario, non bastarono la lotta alla mafia, la scorta ogni momento, il Maxiprocesso per evitare loro attacchi e diffamazioni. Lo spiegò lo stesso Falcone durante una delle sue ultime interviste: «Per essere credibili in questo Paese bisogna essere ammazzati». Perché l’Italia ha una passione per i santi, non per gli eroi.

Oggi, a trent’anni da Capaci e Via D'Amelio, sembra un altro mondo quello in cui Falcone veniva accusato pubblicamente, da Leoluca Orlando e dai suoi uomini, di aver inscenato il fallito attentato dell’Addaura «per farsi pubblicità». O di essere «un guitto televisivo» (Viola su Repubblica), di essersi venduto al Governo (Pizzorusso su L’Unità), di nascondere le carte per proteggere gli amici potenti (sempre Orlando), di essere «un nemico politico» dei magistrati (Almerighi all’ANM). Rileggendo quelle parole capiamo l’imbarazzo di Maria Falcone e Fiammetta Borsellino verso certe commemorazioni di oggi.

Vittima di un “infame linciaggio”, secondo la Cassazione, Falcone era stato isolato molto prima di essere ucciso. Come lui Borsellino, esautorato dall’inchiesta di Mafia e Appalti per essere, infine, condotto al patibolo in Via D’Amelio. Consapevole, ormai, del suo destino. «So che è arrivato il tritolo per me», disse il 13 luglio, il 17 salutò a uno a uno i colleghi abbracciandoli, il 19 veniva ucciso da un’autobomba.

«È tutto finito», fu l’ultimo commento di Antonino Caponnetto.

Quella vita di sacrifici, sotto scorta perenne, la racconteremo con il documentario su Pietro Grasso e la sua lotta alla mafia, in uscita il 18 luglio su Chili.

Pietro Grasso ricorda Giovanni Falcone

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