musica
Berlin Calling: quando David Bowie salvò Iggy Pop
Sono trascorsi pochi anni da quel 10 gennaio 2016 in cui David Bowie ha perso la vita. Abbiamo pochissimi modi per provare a consolarci: ricordare quegli occhi diversi e intensissimi, tramandare i suoi testi, narrare a chi verrà dopo di noi le avventure dei suoi tre imperituri alter ego (Ziggy Stardust, Aladdin Sane, Thin White Duke), ascoltare Starman, godere del suo gigantesco testamento artistico, Blackstar, e magari ripercorrere lo straordinario periodo berlinese che lo legò indissolubilmente a Iggy Pop. Un sodalizio che affonda le sue radici in un periodo di estrema difficoltà per entrambi.
Quando David Bowie salvò Iggy Pop
Nell’estate del 1975, James Newell Osterberg Jr. (nome di battesimo di Iggy) è un ventottenne che prova in tutti i modi a fronteggiare una drammatica parabola autodistruttiva. Malgrado la giovane età, il bagaglio di esperienze e aneddoti da raccontare che ha accumulato potrebbe riempire intere bibliografie: il consumo disumano di acidi, il fallimentare tentativo di ripulirsi presso l’istituto neuropsichiatrico della UCLA, il divorzio dalla storica etichetta discografica Elektra e, soprattutto, lo scarsissimo successo commerciale di Raw Power, il terzo album in studio dei The Stooges, l’imminente scioglimento definitivo della band, stavano portando Iggy Pop sull’orlo di una crisi di nervi. James si era ritrovato all’improvviso senza un contratto, senza uno studio di registrazione e, addirittura, senza una casa.
Per contrastare il trambusto generato da questo calvario emotivo scandito da notti insonni, parentesi depressive, droghe psichedeliche e totale immobilismo creativo, Iggy Pop può contare su pochi punti fermi: i romanzi di Dostoevskij, le opere di Erich Heckel, foto della sua amatissima madre e, ovviamente, il suo amico fraterno: David Bowie.
I due si erano conosciuti quattro anni prima, nel 1971, quando il Duca Bianco lo aveva convinto riappacificarsi con i fratelli Ashton e a riformare gli Stooges per incidere un nuovo disco. Questa volta, però, la scelta di sciogliere il gruppo sembra definitiva. Per tentare di evitare la definitiva dipartita artistica di uno dei più grandi performer del pianeta, Bowie incarica Corinne “Coco” Schwab, la sua storica tuttofare, di contattare Iggy Pop per proporgli di accompagnarlo nel tour promozionale del suo decimo album in studio, Station to Station.
Berlin Calling: David Bowie e Iggy Pop a Berlino
Per entrambi, quello successivo al tour di Station to Station è una sorta di anno zero: dopo aver sviluppato un sempre più vivo interesse nei confronti della scena artistica tedesca, con una particolare predilezione per i lavori di Erich Heckel, pittore espressionista tedesco che il nazismo costrinse alla damnatio memoriae (non è un caso se le copertine di Heroes e The Idiot sono ispirate Roquairol, uno dei suoi quadri più celebri), David Bowie e Iggy Pop decidono di trasferirsi a Berlino Ovest per disintossicarsi e rinascere.
Vivono in un piccolo appartamento al numero 155 di Hauptstrasse, trascorrono le proprie giornate scrivendo poesie, dipingendo, componendo musica e subiscono il fascino di una città che, in quegli anni, sembra capace di alimentare ogni tipo di pulsione intellettuale. Una delle poche (ma straordinarie) testimonianze della quotidianità che scandì questo irripetibile sodalizio ci proviene dagli scatti che Esther Friedman, la fotografa tedesca che nel 1977 intraprese una relazione sentimentale con l’ex-leader degli Stooges, ha esposto alla Ono arte contemporanea di Bologna fino qualche settimana fa.
Ed è proprio durante il soggiorno berlinese che vedono la luce due album destinati a scavare un solco profondo nell’immaginario pop contemporaneo: Heroes e Lust for life. Due monoliti destinati a influenzare gran parte della produzione discografica dei due decenni seguenti. Bowie individuò in quella Berlino che divideva due mondi in perenne antitesi tra loro «il centro di tutto ciò che sta accadendo e che accadrà nei prossimi anni in Europa», il germoglio di ogni avanguardia culturale e sociale. Il suo intento era quello di «sperimentare per scoprire nuove forme di scrittura; sviluppare, dunque, un nuovo linguaggio musicale». Che dire: sembra esserci riuscito.
Discografia di David Bowie
- 1967 - David Bowie
- 1969 - Space Oddity
- 1970 - The Man Who Sold the World
- 1971 - Hunky Dory
- 1972 - The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars
- 1973 - Aladdin Sane
- 1973 - Pin Ups
- 1974 - Diamond Dogs
- 1975 - Young Americans
- 1976 - Station to Station
- 1977 - Low
- 1977 - "Heroes"
- 1979 - Lodger
- 1980 - Scary Monsters (and Super Creeps)
- 1983 - Let's Dance
- 1984 - Tonight
- 1987 - Never Let Me Down
- 1993 - Black Tie White Noise
- 1995 - 1.Outside
- 1997 - Earthling
- 1999 - 'hours...'
- 2002 - Heathen
- 2003 - Reality
- 2013 - The Next Day
- 2016 - Blackstar
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