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La sesta estinzione di massa è causata dall'uomo e colpirà anche nel 2021
Prima sono stati i vulcani, poi i meteoriti e le glaciazioni, ora invece è l'uomo, ultimo arrivato, a causare un'estinzione di massa sul pianeta. La sesta in mezzo miliardo di anni. Un primato per l'umanità: da quando esiste la vita, infatti, nessuna specie animale era riuscita in una simile impresa. «Milioni di esemplari sono scomparsi dal 1900, in particolare negli ultimi decenni» conferma uno studio pubblicato dalla National Academy of Science l’anno scorso.
La sesta estinzione di massa di animali
La sesta estinzione di massa è una minaccia ambientale peggiore di qualsiasi altra perché irreversibile. Secondo il Living Planet Index del WWF e della Zoological Society of London, dal 1970 al 2014 il 60% delle specie di vertebrati è in pericolo o è scomparso a causa delle attività umane: sovrasfruttamento degli ambienti naturali, riscaldamento globale, inquinamento, specie invasive, dighe e miniere. Oltre 31.000 specie sono state inserite nella red list della IUCN. Nel 2021 saranno a rischio, tra le altre, il lemure del bambù dorato, il criceto comune, la focena del Golfo della California, balena franca nordatlantica, l’orango di Tapanuli, i delfini di fiume e il rinoceronte bianco settentrionale. Di quest’ultimo restano in vita, in Sudan, solo due esemplari femmina e la speranza è riuscire a praticare una fecondazione artificiale di successo.
Una crisi sempre più rapida
Questo processo sta accelerando, come rivela uno studio dei prof. Gerardo Ceballos dell'Universidad Nacional Autonoma de Mexico, Paul Ehrlich della Stanford University e Peter Raven del Missouri Botanical Garden (che trovate qui), pubblicato nel 2020 dalla National Academy of Science. La ricerca ha puntato il suo sguardo su circa 29.400 specie di vertebrati terrestri per individuare quelle composte da meno di 1.000 esemplari e considerate sull'orlo dell'estinzione. Gli studiosi hanno avvertito che la sesta estinzione di massa, sempre più rapida e irreversibile, causerà il collasso dell'intero ecosistema terrestre perché: «se togli da un muro un mattone non succede niente, ma se ne togli troppi la casa crollerà» ha detto Ceballos. «Ogni volta che la Terra perde una specie vivente, la capacità di sopravvivenza dell'intero ambiente diminuisce» e l'umanità ne subirà le conseguenze perché abbiamo «bisogno di un clima stabile, acqua fresca, insetti necessari all'agricoltura e al controllo delle malattie, impollinatori e così via, tutti aspetti legati a un ecosistema funzionante».
Per capire la magnitudine del fenomeno: se l'andamento fosse naturale, nel periodo tra il 1900 e il 2050 avrebbero dovuto scomparire 9 specie, invece se ne estingueranno 1.058 (543 già scomparse, 515 a rischio), un numero 117 volte superiore alla media e che la Natura avrebbe impiegato 11.700 anni per raggiungere. Dobbiamo invertire la rotta. Per farlo, i prof. Ceballos ed Ehrlich hanno lanciato un'iniziativa chiamata StopExtinctions (che trovate qui), perché, come ha affermato Ceballos, la combinazione della sesta estinzione di massa con l'impatto del climate change travolgerà la nostra specie come «uno tsunami».
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