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Il viaggio degli agnelli dall'Est Europa fino alle tavole italiane

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Viaggi di 20-30 ore su camion spesso fatiscenti per portare sulla nostra tavola la tradizione pasquale: solo in occasione delle festività del 2020, l’Italia ha importato 54.220 agnelli provenienti dall’Ungheria e 40.613 agnelli dalla Romania. Eppure in dieci anni il consumo di carne d’agnello è crollato da 4.588.780 a 2.282.878 capi consumati, come emerge da un’indagine di Essere Animali. Ma i metodi di allevamento e trasporto restano gli stessi.

In viaggio verso i macelli

I Paesi da cui importiamo più carne di agnello sono Ungheria, Romania, Spagna e Francia. I camion possono trasportare ognuno anche 800 animali, in condizioni di sovraffollamento tali da rendere difficile l’abbeveraggio e molto facile il ferimento. In alcuni casi, per i conducenti scattano sanzioni per violazione del Regolamento CE n. 1/2005, la normativa di riferimento sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate. «Le sanzioni possono essere un importante deterrente contro le violazioni ma, al di là dei necessari controlli, è urgente attuare un sistema di riforma delle leggi sul benessere animale che tenga in considerazione anche il problematico momento del trasporto», ha spiegato Simone Montuschi, presidente di Essere Animali. «Le multe vengono saldate subito, anche perché per l’autotrasportatore il guadagno si aggira attorno ai 40mila €. E così si riparte subito. Sottoporre animali a lunghi viaggi è una crudeltà a cui l’Unione Europea dovrebbe porre fine. Anche all’interno di camion che operavano nel rispetto delle regole, i nostri investigatori hanno filmato animali di poco più di un mese di vita, stipati e impauriti, sottoposti a terribili viaggi fino ai macelli italiani». Dove incontrano la morte.

Il trasporto di agnelli in Italia - Foto di Essere Animali
Il trasporto di agnelli in Italia - Foto di Essere Animali

Meno carne ma più animali macellati

Secondo il report di Essere Animali del 2020, il numero di animali macellati è aumentato, ma l’Italia oggi consuma meno carne: rispetto al 2010, gli italiani sono passati da 81,4 kg pro capite a 76. Anche uova e latticini vivono una contrazione rispetto a dieci anni fa. Tutto questo a causa di un insieme di ragioni, come i crescenti richiami a un’alimentazione più attenta alla salute lanciati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, una maggiore sensibilità rispetto alle condizioni in cui vivono gli animali allevati e alla consapevolezza dell’impatto che la carne ha sull’ambiente. Non ha influito, invece, la capacità di spesa. Cresce, però, il numero di animali macellati, che passa da 559 milioni a 597. «Questo perché i consumi si concentrano sulla carne bianca, considerata più salutare», spiega Simone Montuschi.«Su questo ha influito l’Oms, che ha dichiarato la carne rossa potenzialmente cancerogena». Ci sono poi le motivazioni etiche: «Si prova più empatia per un maiale o un vitello, rispetto a una gallina. C’è stato un crollo del consumo di agnelli, cavalli e conigli che sono percepiti oggi come animali da compagnia». Il consumo di carne avicola non ha invece subito la battuta d’arresto che ha investito altri tipi di carne. Al contrario, secondo il report, «nel 2019 ha sfiorato i 20 kg pro capite all’anno (+6% rispetto al 2010)», mentre il numero di polli macellati ha registrato una crescita dell’11%. Cresce anche la quantità di pesce consumato, che nel 2017 ha superato i 30 kg annui con un aumento del 50% rispetto al 2010. Un cambio drastico di abitudini che non sempre riflette una maggiore consapevolezza. C’è stato infatti un crollo degli allevamenti, ad esempio di quelli di conigli. «La tendenza però è quella di concentrare gli animali in quelli intensivi, dove la situazione è più brutale», spiega Montuschi. Insomma, meno carne ma più macellazioni. Un paradosso sulla pelle degli animali.

Un volontario davanti al camion che trasporta agnelli - Foto di Essere Animali
Un volontario davanti al camion che trasporta agnelli - Foto di Essere Animali

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