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Il Venezuela è sempre più la tomba dei diritti umani

Umanità schiacciate in Venezuela, tra torture, traffico di persone ed esecuzioni. Lo Stato sudamericano scivola lungo il piano inclinato del fallimento, trascinando dietro di sé libertà e diritti. È quanto riportato nelle 17 pagine del rapporto delle Nazioni Unite realizzato da Michelle Bachelet. E mentre il Paese lotta contro il Covid, la pandemia ha costituito un’ottima scusa per una stretta sui diritti fondamentali.

Il report dell'ONU sul Venezuela

L'Alto Commissariato dell’ONU per i diritti umani, ha reso pubblico, il 2 luglio, il rapporto sulla situazione venezuelana e il quadro che ha dipinto è tragico. La nazione, scivolata a un’inflazione tra il 400% e il 700%, messa in ginocchio dalle sanzioni, gestita da un regime totalitario con un'economia basata sul petrolio, è diventata teatro di alcune delle peggiori violazioni dei diritti umani in America Latina. La situazione, già drammatica prima dell’arrivo del coronavirus, si è aggravata in questi mesi, con giornalisti e professionisti dei media intimiditi, costretti alla fuga o imprigionati per aver coperto la crisi sanitaria. Sono stati denunciati 361 casi di tortura e 9.951 di maltrattamenti con 517 agenti accusati e anche nelle carceri la situazione è gravissima, con 1.328 casi di malnutrizione e mancato accesso a cibo e acqua. Le donne, in particolare, sono vittime della terribile combinazione: dittatura chavista-sanzioni economiche-coronavirus.

Donne, bambini e indigeni

Unendo le informazioni del report con quelle di Save The Children e con l’indagine sul settore minerario dell’Orinoco realizzato da Kapé-Kapé Associacion Civil, il quadro che emerge è tragico, in particolare per le categorie di persone più esposte ai pericoli: donne, bambini e indigeni. Le prime hanno subito il contraccolpo più grave, con un aumento delle violenze di genere del 33% da marzo a giugno, in una situazione peraltro già grave, come sottolineato da Utopyx che traccia i femminicidi in tutto il mondo e che ha segnalato il numero ingente di vittime in Venezuela tra il 2019 e il 2020. Persino in carcere le donne subiscono discriminazioni, come descritto nel report dell’ONU: hanno meno opportunità di visite familiari, subiscono restrizioni all’accesso ai trattamenti di igiene e salute, in particolare riproduttiva e sessuale, e possono esercitare meno le attività ricreative. Circa 4.000 donne della regione di Sucre sono state vittime della tratta, vendute attraverso il porto di Guiria in Trinidad y Tobago. Anche i bambini, costretti nelle case dalla pandemia, hanno visto crescere i casi di violenza e abusi, con un aumento dell’80% delle chiamate alle helpline e del 62% nelle consultazioni psicologiche. Non diverso il destino degli indigeni finiti nel mirino del progetto ecominerario di  Nicolás Maduro, che molti descrivono più come un ecocidio e che coinvolge principalmente il popolo Pemòn, che ha subito torture, sequestri, schiavitù infantile, violenze di ogni genere da parte di gruppi armati.

Uno Stato fallito

Il Venezuela galleggia da anni sull’orlo di una crisi economica e umanitaria senza precedenti. Lo scorso 7 maggio Nicolás Maduro aveva affermato di aver bloccato un assalto “terroristico” contro il Venezuela, uccidendo otto persone e arrestandone più di una decina nel giro di due giorni. Il dito era stato puntato da Maduro contro il presidente statunitense Donald Trump. Tra le persone arrestate, anche due cittadini statunitensi. L’operazione era stata messa in piedi da Jordan Goudreau, ex membro delle forze speciali americane. «La missione principale era liberare il Venezuela e catturare Maduro, ma la missione a Caracas è fallita», aveva detto Goudreau a Bloomberg. Ma il Venezuela era tornato alla ribalta delle cronache per i presunti finanziamenti di 3,5 milioni € al Movimento Cinque Stelle, avvenuto nel 2010, e riportato dal quotidiano spagnolo di destra ABC. Una liason dangereuse, ancora non chiarita.

Il sovraffollamento disumano del carcere di Manila

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