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Rischiamo di mettere le nostre relazioni nelle mani di un algoritmo come in Soulmates

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E se l’amore diventasse una certezza, calcolata da un algoritmo? A questa domanda prova a rispondere la serie tv Soulmates, appena partita sulla piattaforma Amazon Prime Video e nata dalla costola di Black Mirror. Un mondo distopico, lontano da noi solo quindici anni, in cui la scienza ha risolto il più grande degli interrogativi: l’anima gemella esiste ed è a portata di intelligenza artificiale. A patto che anche lei si sia sottoposta a un rapido - e indolore - test, altrimenti il ‘match’, che ricorda quello di Tinder, non può scattare. Una felicità precondizionata, attorno alla quale far ruotare tutta la propria esistenza che però è tutt’altro che infallibile. Almeno nella serie tv.

Le dating app

Tinder, Grindr, Facebook Dating, Bumble, Hinge. Ma anche app su misura pensate dai governi, come in Giappone, dove, per combattere il calo di natalità, il Gabinetto ha deciso di finanziare applicazioni, start up e progetti di ricerca dedicati agli incontri online. Il fondo stanziato dal governo ammonta a 2 miliardi di yen (quasi 16 milioni €), per sviluppare realtà simili a Tinder. Rispetto ad altre applicazioni già esistenti, però, quelle finanziate dal governo nipponico favoriranno relazioni più durature, con un matchmaking più raffinato: saranno registrati non solo fotografie e biografie generiche, ma anche interessi precisi, hobby, valori morali. Lo scopo è infatti fornire un'immagine quanto più fedele possibile della persona in carne e ossa. Ma già Tinder ci aveva provato. E lo aveva fatto puntando tutto sulla ‘desiderabilità’ della persona, basandosi sul sistema Elo, derivato dagli scacchi per stimare la forza relativa di ogni giocatore, e su altri aspetti, per esempio la vicinanza, l’età e altri parametri. Oggi il sistema Elo è stato abbandonato, ma il match è tutto fuorché casuale. Insomma, dietro alle dating app c’è un sistema di algoritmi ben studiato e per nulla ingenuo. Che la realtà della serie tv Soulmates si stia facendo più vicina?

Reale e virtuale

Se l’amore si fa più facile è perché la realtà si fonde con il virtuale. D’altronde per il Ceo di Tinder Elie Seidman «la generazione Z è il nostro nuovo pubblico. E per loro non c’è differenza tra mondo reale e virtuale». Anche se la conoscenza nel mondo reale resta l’obiettivo, come dimostra la possibilità di fare videochiamate con l’app di Tinder, primo - timido - passo verso il mondo concreto. «Una cosa non sostituirà l’altra. Noi vogliamo solo aiutare a semplificare le cose: chatti con qualcuno e poi decidete di vedervi dopo un paio di settimane. Ci metti dieci minuti a capire che non c’è chimica, non c’è la scintilla. Questo è un problema che noi pensiamo di poter risolvere. Ci sarà un gruppo di persone che non avrà problemi a creare le sue connessioni inizialmente nel digitale. Ma continueremo a volerci incontrare fisicamente, questo non cambierà mai», ha detto al Corriere Seidman. Di sicuro, però le dating app permettono di fare nuove conoscenze da un punto privilegiato: ci si può mettere in contatto con il proprio match senza uscire dalla comfort zone. Facile, no? L’amore diventa a portata di swipe. Ma il lato oscuro è nascosto nella sua natura gamificata. Un po’ come nella serie tv Soulmates, dove trovare l’amore diventa un gioco da ragazzi, da affidare a un’intelligenza artificiale. Che, però, non lascia tutti soddisfatti. Forse perché l’amore non è mai facile: semplificarlo significa negarlo.

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