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violenza di genere

Quattro milioni di donne italiane hanno subito violenza sessuale. Ma poche riescono a denunciare

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La lettera scarlatta dello stupro si appiccica al petto e impasta la bocca di chi sopravvive. Perché anche se sono più di quattro milioni le donne che hanno subito una violenza sessuale nel corso della propria vita, le denunce continuano a essere ancora troppe poche: nel 2019 si fermavano a poco meno di 5mila. «Avevo paura di questa specie di marchio, che mi avrebbe reso "quella violentata" per sempre», ha raccontato Francesca a VD. Un silenzio quasi forzato, a cui contribuisce sia un sistema giudiziario considerato inadeguato che lo choc subito.

«Perché non ho denunciato il mio stupro»

Francesca è una sopravvissuta. Ha subito uno stupro quasi 9 anni fa, da una persona che conosceva. «In quel momento non ero consapevole della gravità del fatto. Ci ho messo mesi, anni a processare e acquisire consapevolezza della violenza subita», ha detto a VD. «Credevo che la violenza sessuale fosse qualcosa che capitava nei vicoli bui, per mano di estranei. Ho scoperto invece che i meccanismi della violenza sono subdoli e striscianti, e spesso ti fa violenza proprio chi ti sta vicino». Come per tante altre donne, anche per Francesca rivolgersi alle forze dell’ordine non è apparsa una strada percorribile. «Una volta processato il fatto, subire interrogatori su interrogatori mi spaventava, sarebbe stato per me troppo doloroso perché avrebbe significato rievocare l'accaduto chissà per quante volte». E ammettere a se stessa la violenza subita.

«Agli occhi del mondo mi sarei presentata come una vittima. Probabilmente non sarebbe stato così grave, ma avevo paura che mi rendesse debole, fragile, inferiore. Non volevo che la gente immaginasse quella scena con me protagonista, perché quella stessa scena mi faceva sentire - in qualche modo - colpevole. Denunciare avrebbe significato essere pubblicamente considerata "quella sporca". Ovviamente è la parte più stupida di me a parlare, ma subivo ancora quel retaggio patriarcale che vede la vittima corresponsabile». E che aleggia sulle testimonianze di molte donne.

Le ragioni legate alla mancata denuncia

Secondo le stime dell’Istat, il 21% delle donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni (4 milioni 520 mila) ha subito violenza sessuale, mentre il 5,4% (1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Ma il «90% di chi ha subito un abuso sessuale o uno stupro non denuncia», spiega la psicologa Debora Infantino. O denuncia tardi. «Questo è legato allo choc subito: una violenza sessuale ha un impatto devastante nel corpo e nella psiche della persona che lo subisce», dice. «Pensare a quello che si deve fare nell’immediato diventa molto difficile: si fa fatica a ragionare». Non solo. A complicare il quadro ci sono depressione reattiva, paura e angoscia. «Sono manifestazioni che si riscontrano principalmente nelle adolescenti violentate, soprattutto nel caso in cui il violentatore sia un coetaneo o un adulto di riferimento, come un allenatore, un insegnante, un parente».

C’è poi il senso di vergogna. «Si deve essere pronte a raccontare nei minimi dettagli quello che si è subito, tanto che in gergo si parla di “doppia violenza”: da una parte si rivive l’abuso parlandone, dall’altro si è esposti all’aggressività, all’incredulità, alle domande». E anche se grossi passi in avanti si sono fatti nella formazione del personale delle forze dell’ordine, il lavoro è ancora tanto. «Purtroppo non c’è nemmeno una donna a raccogliere una denuncia di stupro. E non sempre c’è qualcuno formato ad accogliere chi ha subito una violenza. C’è ancora chi dice “lascia stare”, “ci pensi un po’”, “ma è proprio sicura?”. C’è ancora tanta strada da fare».

E molto spesso, chi sopravvive a uno stupro deve convivere anche con il senso di colpa. Che è direttamente proporzionale alle modalità con cui è avvenuta la violenza. «Se ad esempio è avvenuto in una situazione di rischio obiettivo, cioè di vulnerabilità della donna, ci si sente in colpa. C’è il timore di non essere credute. E quindi si tende a negare: proprio perché si vuole superare quello che è accaduto si fa finta di niente, si ricerca la normalità, che è quello che ti chiedono tutti, a partire da amiche e genitori». Anche l’eventuale esposizione mediatica scoraggia le sopravvissute dall’andare dalle forze dell’ordine. «Una ragazza sa che rischia tutto questo. Ecco perché si denuncia tardi o non si denuncia proprio».

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