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«Non voglio essere mamma». La storia di chi sceglie di sterilizzarsi

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Madri e no. «Tra le donne della nostra età la prima cosa che una vuole sapere di un’altra è se ha figli e, nel caso non li abbia, se ha intenzione di farli. È come una guerra civile: tu da che parte stai?», scrive la canadese Sheila Heti. La scelta della non maternità è la lettera scarlatta che molte persone childfree - circa il 45% delle donne in Italia, tra i 18 e i 45 anni - si vedono cucita addosso. Perché l’essere mamma non è il solo percorso possibile. E così c’è chi ricorre alla sterilizzazione - o salpingectomia bilaterale -, una pratica che rappresenta meno dell’1% dei metodi di contraccezione nel nostro Paese e altamente stigmatizzata. Ma che, a differenza di quanto si possa pensare, non prevede l’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario.

L’istinto di non maternità

«Non volevo che il mio corpo generasse qualcosa», racconta a VD Francesca, che si è sottoposta all’asportazione delle tube nel 2017, quando aveva 23 anni. «È una consapevolezza interiore che ho sempre avuto. In tutta la mia vita non c’è mai stato un momento in cui mi sia sentita desiderosa di diventare madre, non mi sono mai vista in quell’ottica». Più che un istinto, insomma. «Mi ricordo chiaramente che da piccola rifiutavo i bambolotti. Per tutta risposta, mi sentivo dire che più avanti, con i bambini, sarebbe stato diverso. Vedevo i miei amichetti emozionarsi di fronte a un bimbo piccolo, provavano una tenerezza che io non sentivo. Io, semplicemente, notavo la bellezza del viso, anche se non provavo disprezzo od odio. Ero solo distante, fredda. Da lì ho cominciato a riflettere». Andando verso i primi rapporti le cose si sono complicate.

«Questa consapevolezza diventava sempre più grande e iniziando a fare sesso ero terrorizzata dall’idea di avere gravidanze. Mi levavo un sacco di piacere. Controllavo il preservativo, mi assicuravo di non aver vomitato la pillola. Se avevo un ritardo nel ciclo chiamavo terrorizzata il mio ginecologo. Non ce la facevo più a vivere così. Non volevo nemmeno pensare all’aborto. Nonostante utilizzassi due contraccettivi contemporaneamente, ero terrorizzata. Così, a 18 anni, ho chiesto al mio ginecologo di parlarmi della contraccezione definitiva, anche per evitare gli effetti collaterali della pillola». Ma per il medico, Francesca era troppo giovane. «Mi ha detto che era illegale e che mi avrebbe fatto male a livello fisico». Così a 23 anni ne ha parlato con il suo ex ragazzo. «Insieme siamo andati dal ginecologo che alla fine ha ceduto e mi ha fatto la ricetta. Ma non è stato sufficiente, perché all’ospedale dove avevo preso appuntamento con il primario sono stata cacciata malamente: mi hanno detto di farmi curare da uno psichiatra, che stavo chiedendo una cosa contro natura».

«Al mio ex, che mi aveva accompagnata, hanno detto: “ma tu permetti alla tua ragazza anche solo di pensare una cosa del genere?”». La soluzione è arrivata da un gruppo Facebook. «Mi hanno dato delle dritte su dove andare. E così mi hanno operata all’ospedale di Bussolengo». Un’operazione semplicissima, che rientrando nella prevenzione del cancro alle ovaie, è passata dal sistema sanitario nazionale. E che non compromette né la fertilità, né l’avere mestruazioni. «Non puoi più avere figli naturalmente, ma con la salpingectomia puoi comunque avere una gravidanza tramite PMA e continui ad avere il ciclo. Insomma, sei sempre fertile», spiega Francesca. «Dopo l’operazione la vita mi è cambiata in meglio: ho smesso la pillola e la mia sessualità è migliorata. Ero contenta e arrabbiata allo stesso tempo: non sono tutte le donne del mondo a volersi sottoporre a questa operazione e quindi il rischio di fermare la specie non c’è. Eppure fanno di tutto per negarcelo».

Perché non può esserci obiezione alla salpingectomia

La salpingectomia bilaterale è sicura, affidabile e soprattutto legale. Anche se solo poche persone lo sanno. «Così come si consente la vasectomia negli uomini, si può consentire l’asportazione delle tube nelle donne. Chi dice che è illegale, dice una bestialità», spiega a VD l’avvocata Carla Corsetti. «Dal punto di vista del diritto, quindi, non c’è obiezione di coscienza che possa reggere. L’obiezione ha motivo di esistere quando non si vuole interrompere la prosecuzione dell’evoluzione fetale. Quindi quando c’è già stato concepimento. In questo caso non c’è vita». E a differenza di quanto sostenuto da qualcuno, non si tratta di una mutilazione.

«Non è un’amputazione perché non c’è impedimento alla gravidanza, che può sempre esserci grazie alle tecniche di PMA». Non solo. Si tratta di un’operazione prevista dal sistema sanitario nazionale e quindi gratuita. «Questo perché rappresenta uno degli interventi risolutivi del cancro alle ovaie: il diritto parte proprio da questo. Nel momento in cui la 194, all’articolo 1, sostiene che la gravidanza deve essere cosciente e responsabile, automaticamente consente alla donna di intervenire sulla propria integrità fisica». Insomma, la salpingectomia bilaterale rappresenta uno dei tanti modi che le persone hanno per autodeterminarsi. Altro che lettera scarlatta.

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