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San Marino si prepara a legalizzare l'aborto

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A San Marino si lotta per legalizzare l’aborto: una lotta senza quartiere contro un codice vecchio di 150 anni. Il piccolo Stato di circa 33mila abitanti, incastonato tra Emilia-Romagna e Marche, è infatti uno dei pochi in Europa, insieme a Malta, Andorra, Città del Vaticano e Polonia, che di recente ha introdotto un divieto quasi totale, in cui interrompere una gravidanza è reato. Per abortire non c’è molta scelta: si sale in macchina, si supera il confine con l’Italia e si va in clinica. Ma i costi non sono sostenibili da tutti: l’intervento può costare anche duemila euro. E così, il prossimo 26 settembre, un referendum promette di cambiare la situazione.

Pene, diritti delle donne e aborto

Nella ‘Serenissima’ Repubblica di San Marino l’aborto è illegale in ogni circostanza, perfino in caso di stupro, gravi malformazioni del feto e pericolo di vita per la donna. In particolare, gli articoli 153 e 154 del codice penale condannano alla prigione non solo la donna che sceglie di interrompere la gravidanza, ma anche chi le offre aiuto o chi esegue in prima persona l’aborto. E le pene possono arrivare fino a sei anni. Se si abortisce per ragioni di ‘onore’, cioè se la donna non è sposata, allora la pena si abbassa a un periodo che va da tre mesi a un anno. Insomma, non è un caso che questi articoli risalgano tutti al 1865 e che siano stati riconfermati non solo in epoca fascista ma anche dal codice penale attualmente in vigore, che è datato invece all’anno 1974.

Il referendum sulla depenalizzazione dell’aborto

«Volete che sia consentito alla donna di interrompere volontariamente la gravidanza entro la dodicesima settimana di gestazione, e anche successivamente se vi sia pericolo per la vita della donna o se vi siano anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna?». Questo il quesito referendario su cui i sammarinesi sono chiamati a decidere. Secondo le promotrici del referendum, l’Unione delle donne sammarinesi (Uds), attiva fin dagli anni Settanta, sono due le chiavi alla base del referendum: l’autodeterminazione della donna, e l’aborto terapeutico, ovvero la possibilità di abortire anche dopo la dodicesima settimana in caso di pericolo per la vita della donna o in presenza di anomalie e malformazioni del feto che comportino grave rischio per la salute fisica o psicologica della donna. In passato, l’Uds aveva tentato altre strade per la depenalizzazione dell’aborto, ma senza successo: le campagne antiabortiste, sostenute dalle diocesi locali e dal Partito Democratico cristiano, il principale del Paese, avevano avuto la meglio. Niente di strano, soprattutto se si pensa che San Marino ha permesso alle donne di assumere cariche, impieghi e funzioni pubbliche solo nel 1973. Adesso, però, i tempi sembrano essere maturi per un cambiamento. Anzi, i tempi sembrano essere maturissimi.

Parlare di aborto agli studenti

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