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Strappare la vita dalle macerie. Cos'è la guerra per i giovani ucraini

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Nel suo ultimo post su Instagram prima della guerra, Kristina ha i capelli mossi dal vento e un grosso sorriso stampato sul viso. Racconta al mondo che sta lavorando a un nuovo progetto ed è felice, proprio come lo si deve essere a vent’anni. Kristina, ora, si stupisce di come la guerra sia diventata la sua unica realtà. «Non so perché, ma non riesco a vedere la mia vita futura», racconta a VD. E adesso, come tanti giovani ucraini, prova a strappare pezzi di vita alla guerra, tra macerie, sirene e lunghe code in auto per scappare dalle bombe.

L’Ucraina prima del 24 febbraio

Per i giovani ucraini c’è stato un prima della guerra, fatto di lavoro, studio, bevute con gli amici e fotografie da influencer per il feed di Instagram. «Prima della guerra la mia vita era quella di tanti», racconta Victor, nato e cresciuto a Kyiv. «Mi alzavo, andavo a lavorare, uscivo a bere con gli amici». E poi c’erano i viaggi a Milano, Istanbul e Shanghai, che dopo la pandemia aveva potuto riprendere a fare e che aveva raccontato sui social. «Ma il 24 febbraio», dice, «il mio vicino mi ha svegliato e mi ha detto che eravamo stati attaccati».

Platon, invece, dottorando all’università di Kharkiv, sarebbe dovuto partire per la Francia. «Ho passato la sera del 23 febbraio a sistemare i documenti di cui avrei avuto bisogno per il viaggio», racconta a VD. «Ma la vita è strana: la mattina sono stato svegliato dal suono dei bombardamenti». Anche Kristina studia a Kharkiv. «In questi giorni sarei dovuta partire con un nuovo progetto. Avrei dovuto aprire un nuovo ristorante. Lo scorso anno ne avevamo aperti cinque», spiega. Quattro di questi sono andati distrutti dai bombardamenti russi sulla città.

Vite in guerra

Da ragazzina Kristina ha letto molti libri sulla guerra, ma, dice al telefono, «la guerra nei libri è diversa da quella che viviamo qui». Con lo scoppio della guerra in Ucraina, ha dovuto imparare a cucinare per decine di persone. «Comincio a cucinare per i profughi alle 10 di mattina». Insieme ad alcuni amici ha creato una collezione di pezzi d’arte NFT. «Le nostre idee sono missili», si legge sulla pagina Instagram del progetto. «Il ricavato della vendita degli NFT sarà destinato alla Croce Rossa e ad altre associazioni che stanno aiutando il popolo ucraino», spiega. «I giovani ucraini stanno facendo molto per il loro Paese».

«Quando tutto è cominciato sono salito in auto come mio padre e ci siamo diretti verso la periferia della città di Kharkiv», racconta Platon. «Ci siamo rifugiati nei seminterrati degli edifici per sfuggire alle bombe, mentre alcuni miei amici hanno lavorato per rifornire la città di cibo e medicine. Io ho cercato di coordinarli e di sopravvivere». Ma poi l’auto dei suoi amici è stata distrutta da un’esplosione. «Nella macchina c’era anche mio padre. È stato terribile, ma per fortuna non sono rimasti feriti». A quel punto ha capito che doveva lasciare la sua città.

Platon, Kristina e Victor hanno imparato a convivere con le bombe. «Convivere con gli attacchi aerei significa che puoi svegliarti in ogni momento e dover correre a rifugiarti nel seminterrato», spiega Platon. «Se qualcuno sta di fronte a te e ti minaccia, puoi capire qual è la direzione migliore in cui poter scappare, ma se si tratta di un attacco aereo, puoi solo sederti e sperare che niente ti colpisca».

Platon e Kristina si sono spostati verso le regioni occidentali del Paese, lontani dalla guerra. Victor, invece, ha deciso di restare a Kyiv, con i russi che di giorno in giorno si fanno più vicini. «Vorrei lasciare la città, ma per mia nonna che ha 74 anni non è facile abbandonare la propria casa. La sua vita è qui. Non può nemmeno immaginare di vivere da qualche altra parte. Non sa nemmeno l’inglese», dice preoccupato. «La situazione è sempre più pericolosa, anche se faccio fatica a immaginarci come rifugiati. Non è il tipo di vita che vogliamo».

I giovani ucraini si riscoprono patriottici

Il padre di Kristina è armeno e molti dei suoi parenti vivono in Armenia. «Quando avevo dieci anni dicevo di essere armena anche io», dice. «Adesso mi sento ucraina al 100%». Con le bombe che cadono sulle città, i giovani ucraini riscoprono l’amore per la loro terra e il loro popolo. Platon ha coordinato i rifornimenti di cibo e medicine a Kharkiv, mentre Victor ha aiutato a raccogliere soldi per l’esercito ucraino. «Mi do da fare anche per segnalare le fake news diffuse dai russi sulla guerra», spiega. «Sono molto fiero di essere ucraino, sto facendo del mio meglio per aiutare il mio Paese».

«Cinque giorni prima che avvenisse l’invasione, ho incontrato i miei amici per discutere di cosa fare nel caso in cui la guerra con la Russia fosse scoppiata», racconta Kristina. «Tutti abbiamo deciso di rimanere qui. E di aiutare da qui, non da qualche altra parte in Europa». Per i giovani ucraini come Kristina si può essere rifugiati solo per un periodo, non per tutta la vita. «Noi vogliamo tornare nella nostra Kharkiv, la vogliamo ricostruire e rendere più bella di quanto non fosse prima della guerra».

La Russia, l’Occidente, l’Ucraina

Kristina si stupisce quando le chiedono se si aspettasse che scoppiasse la guerra. «La Russia ci ha invaso già nel 2014», dice. «Tutti noi sapevamo che la Russia stava accumulando truppe ai confini, ma pensavamo che fosse solo per metterci paura», spiega, invece, Victor. «Nessuno pensava che ci sarebbe stata veramente una guerra. A Kyiv adesso le donne incinte partoriscono nella metropolitana». Anche se l’Ucraina è in guerra ai suoi confini orientali dal 2014, per Platon l’aumento delle tensioni era «solo un gioco politico». «Questa guerra è una cosa da pazzi, perché gli ucraini resisterebbero a qualsiasi regime imposto con la forza».

Tramite i social i giovani ucraini sono venuti a conoscenza anche delle mobilitazioni contro la guerra nelle grandi piazze europee, statunitensi e russe. Ma se la reazione delle persone intorno al mondo è «straordinaria», quella dei governi occidentali non è sufficiente. «È bello vedere persone che ci sostengono», racconta Platon. «Ma i governi occidentali non stanno facendo abbastanza: le persone stanno morendo, mentre in città come Kharkiv, che aveva dei palazzi bellissimi, tutto è andato distrutto, ma per cosa? Non riesco a capire la ragione».

«Su Internet leggo molti post contro i russi, ma anche loro sono in una situazione difficile», spiega Kristina. «La cosa migliore che possiamo fare è aiutarci, perché anche le loro vite sono cambiate. E ammiro i russi che scendono in piazza, per me sono molto coraggiosi». «Quello che il mondo deve capire è che se la Russia ferma la guerra, non ci sarà più la guerra. Se l’Ucraina ferma la guerra e si arrende, non ci sarà più nessuna Ucraina», dice Victor. «I russi stanno distruggendo le nostre città e ci stanno rubando il futuro», continua. «E noi adesso non stiamo difendendo solo il nostro Paese: stiamo difendo tutto il mondo democratico».

Il ritorno dalla guerra in Ucraina

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