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Procida capitale della cultura. Un altro parco a tema per turisti?

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Tutti sono felici per la designazione di Procida, la più piccola delle isole nel golfo di Napoli, come Capitale della Cultura 2022. Appena arrivata, la notizia ha mandato in solluchero chi ha visitato l’isola anche una sola volta, magari senza toccare terra ma per un tuffo dal gommone nello specchio d’acqua più vicino a Napoli. Su Facebook si fa a gara tra chi pubblica la foto migliore dell’isola, anche presa da Google, non importa. Gettonatissima l'immagine della spiaggia de Il postino, inflazionato il panorama della Corricella, colorato borgo di pescatori un tempo scelto anche da importanti compagnie aeree per reclamizzare le mete italiane. Tappa intermedia del traghetto diretto a Ischia, Procida è l’isola più discreta delle tre nel golfo di Napoli: Ischia ha un’estensione notevole e un massiccio afflusso turistico estivo, Capri è l’isola “bella da lontano”, come scriveva La Capria - quella considerata elitaria. Procida ha una densità abitativa ancora accettabile, un solo comune, pochissimi bancomat, un cinema nei pressi del porto. I prezzi delle case d’estate sono (erano) abbordabili, anche se in salita negli ultimi anni.

Come si diventa “capitali della cultura”

Un cinema, una piccola biblioteca, un museo del mare (terra di navigatori) nell’istituto nautico. Ma quali sono i criteri per l’attribuzione dell’altisonante titolo di ‘capitale della cultura’? Se lo chiedono anche i professionisti dei beni culturali del collettivo Mi riconosci?, che hanno commentato la lista delle città candidate: Ancona, Bari, Cerveteri, L’Aquila, Pieve di Soligo, Procida, Taranto, Trapani, Volterra e Verbania. «A Trapani non c’è un teatro», si legge nel loro commento. «Pieve di Soligo è nota per il tradizionale spiedo gigante. Ad Ancona e Bari i musei nazionali fanno poche decine di miglia di visitatori l’anno». Tutto secondo le regole, considerato che nel bando per partecipare a questa competizione non si tiene conto dell’offerta culturale passata. Si deve presentare un progetto culturale di un anno, indicare quale sarà l’organo incaricato del progetto e della promozione, evidenziare la valutazione economico-finanziaria e gli obiettivi perseguiti.

Per Procida rischio “parco a tema”

Procida non ha ampie carreggiate per i bus sightseeing ma una sola lunga strada a due corsie che collega un capo dell’isola all’altro. Le strade interne sono strettissime, senza marciapiedi, i muri che le costeggiano talvolta segnati dagli specchietti retrovisori di auto troppo grandi. D’estate il sindaco emette il divieto di sbarco per i mezzi dei non residenti. Qualche anno fa il nuovo piano ospedaliero del Governatore De Luca prevedeva la soppressione dell’unico presidio ospedaliero dell’isola. I procidani si mobilitarono per evitare la chiusura. Come potrà un’isola così piccola gestire un afflusso turistico senza precedenti? Cosa lascerà il grande evento quando sarà finito? Sono le domande che si fanno alcuni procidani e che abbiamo rivolto a Sarah Gainsforth, ricercatrice e giornalista, autrice di Airbnb città merce (Derive Approdi). «In molti vedono in questo tipo di eventi solo risvolti positivi, specialmente tra i locali. Mi capitò di registrare proprio a Napoli un sentimento di questo tipo, quando con un collega notai che molti esercizi si riconvertivano in fretta piegandosi ai voleri del turista mordi e fuggi, aumentando i prezzi. Il dato che emerge da uno studio della Banca d’Italia è che l’impatto in termini occupazionali sul lungo periodo è trascurabile. È capitato così anche a Matera», spiega Sarah Gainsforth. «Rientra nella logica dei grandi eventi, che nulla o quasi lasciano in dote a chi vive sui territori interessati. Si crea però un’economia del turismo, a basso valore aggiunto. Nel frattempo gli effetti negativi cominciano a vedersi da subito: trovare casa diventa più difficile, i prezzi salgono. Anche Procida rischia di diventare, in quel periodo, un parco a tema. E tra i costi che aumenteranno non si pensa mai ai rifiuti. Calcolammo che a Roma l’aumento di rifiuti urbani dovuto all’arrivo dei turisti costava 40 milioni di euro annui, che pagavano poi i romani residenti in termini di tasse. Questo va sottolineato».

Chi gestirà queste risorse?

Da chi sarà gestita quella momentanea ricchezza che si genererà sul territorio? «Sono processi molto spesso governati da grandi gruppi. A Venezia notammo un boom di acquisto di immobili da parte di una grande società tedesca. In generale il capitale generato dall’evento finirà nelle tasche di pochi, e bisognerà poi verificare l’effettiva ridistribuzione sui procidani, in termini di servizi». Secondo Sarah Gainsforth a preoccupare è proprio «la logica secondo la quale la cultura deve piegarsi al turismo, e non c’è valorizzazione della cultura per la cultura ma solo nell’ottica di attrarre qualcuno che possa spendere. L’attrazione influenza la spesa pubblica mentre questa dovrebbe essere diretta proprio ai luoghi meno attraenti, non già per renderli ‘rivendibili’ in chiave turistica ma funzionali, efficienti, a misura degli abitanti che popolano quei luoghi».

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È capitato così anche a Matera»

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