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Piangiamo l’Afghanistan ma l’Europa ha rimandato indietro 70mila afgani

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Dopo una vigile attesa durata vent’anni, i talebani si sono ripresi l’Afghanistan. Lo hanno fatto con passo felpato, percorrendo il sentiero dei fallimenti statunitensi e occidentali, quasi senza colpo ferire. E mentre i turbanti neri e bianchi degli ‘studenti coranici’ affollano il palazzo presidenziale, le immagini dell’aeroporto internazionale di Kabul preso d’assalto dai civili hanno fatto il giro del mondo. I fotogrammi dei “falling men“ afgani hanno riportato alla memoria il celebre scatto dell’uomo che precipitava nel vuoto dopo essersi gettato da una delle due torri del World Trade Center a New York. Era l’11 settembre 2001 e piangevamo l’America. Oggi, a quasi vent’anni esatti, piangiamo l’Afghanistan. Eppure, in questi anni, l'Unione Europea si è spesa per rimpatriare il maggior numero possibile di rifugiati afgani.

La politica europea sui rimpatri in Afghanistan

Secondo i dati Eurostat, dal 2008 a oggi gli Stati europei hanno valutato circa 600mila richieste d’asilo da parte di afgani e ne hanno rifiutate ben 290mila. In totale, sono state rimpatriate oltre 70mila persone, tra cui 15-20mila donne. D’altronde, già in un documento del marzo 2016, l’Unione europea esprimeva la necessità di un accordo di cooperazione con l’Afghanistan in materia di rimpatri. «I migranti afgani si dividono tra: profughi, provenienti da aree colpite da conflitti (che hanno diritto all’asilo), e migranti economici (che non hanno diritto all’asilo)», si legge nel testo, che precisava anche che «nel futuro prossimo potenzialmente potrebbe essere necessario rimpatriare più di ottantamila persone». Peccato che l’Afghanistan abbia quasi un primato mondiale per la quantità di guerre, insurrezioni e violenze che ha avuto negli ultimi duecento anni. Tanto che è difficile distinguere tra aree sicure e aree colpite da conflitti.

Non a caso, già all’inizio del 2015, poco dopo il suo insediamento, il ministro afgano per i profughi e i rimpatri, Sayed Hussain Alimi Balkhi, aveva dichiarato che l’Afghanistan non era un paese sicuro e aveva invitato l’Unione Europea a sospendere i rimpatri. Come se non bastasse, nel 2020, il Global Peace Index ha classificato l'Afghanistan come il paese meno pacifico del mondo per il secondo anno consecutivo. Eppure, alla fine dell’anno scorso, l'Unione europea e il governo dell'Afghanistan hanno avviato negoziati per estendere il "Joint Way Forward", un accordo informale firmato nel 2016 per facilitare il rimpatrio degli afgani che sono venuti in Europa per cercare protezione. E intanto c’è chi, anche in Italia, agita lo spettro della crisi migratoria. Insomma, piangiamo l’Afghanistan, certo, ma protetti dallo schermo di uno smartphone.

I migranti del presidio Baobab

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