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Perché la cannabis e le droghe leggere spaventano tanto la destra

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I parlamentari della Lega hanno minacciato le barricate in aula contro la legge per la legalizzazione della cannabis, rispolverando il tema della «tolleranza zero» che ormai tutti conosciamo. Il disegno di legge proposto, in realtà, non sembra così rivoluzionario: legale la coltivazione di 4 piantine e pena detentiva ridotta in caso di spaccio di lieve entità. Ma allora perché questa reazione violenta dell’estrema destra parlamentare (che ormai s’è mangiata tutta la destra)? La storia della legalizzazione in Italia è la storia di un dialogo mancato tra chi, da una parte, vorrebbe sottrarre la cannabis al «monopolio mafioso», come diceva Marco Pannella, e, dall’altra, una buona parte della destra, che ha trasformato la battaglia proibizionista in un tassello identitario.

I problemi della destra italiana con la legalizzazione della cannabis

La storia della legalizzazione in Italia è la storia di un dialogo mancato. Sin dal luglio 1975, quando Pannella fu arrestato per aver fumato marijuana in pubblico, e dal seguente referendum del 1976 che depenalizzò il consumo di droghe, una parte della società italiana ha reagito chiudendo ogni porta al dibattito sulla legalizzazione. Nel 1990 questa parte proibizionista del paese segnò momentaneamente una vittoria penalizzando di nuovo il consumo con Craxi, ma un secondo referendum popolare ripristinò la depenalizzazione nel 1993. Da allora i due fronti sono divenuti sempre più compatti: da un lato quelli che vogliono sottrarre la cannabis al «monopolio mafioso a cui il proibizionismo assegna le non droghe che sono derivate dalla canapa indiana», come diceva Pannella; dall’altro la (allora) neonata destra che si è intestata la battaglia proibizionista, trasformandola in un tassello della propria identità politica.

La Fini-Giovanardi ne è stato un esempio plastico. Andando in direzione inversa alla volontà popolare più volte manifestata nei referendum, la legge stabilì sanzioni più gravi per produzione, traffico, detenzione, uso di sostanze stupefacenti e, soprattutto, abolizione della differenza tra droghe leggere e droghe pesanti. Una legge dichiarata incostituzionale dalla Cassazione nel 2014. Le timide aperture verso la cannabis light e la coltivazione domestica degli ultimi anni hanno riaperto le danze.

«L'emergenza nazionale è la droga, non il fascismo. Preferisco combattere gli spacciatori», «controllerò tutti i negozi di cannabis e li sigillerò», «Ius Soli, Ddl Zan e oggi la coltivazione della cannabis in casa. Se queste sono le priorità di PD e 5Stelle al governo, l’Italia ha un problema.» Queste sono solo alcune delle numerose dichiarazioni del leader di destra Matteo Salvini, spesso accompagnate dal mantra: «La droga fa male», utilizzato in tutte le occasioni per chiudere qualsiasi porta al dialogo. Un dialogo che, però, è divenuto sempre più necessario dopo che mezzo secolo di battaglie proibizioniste ci hanno consegnato un sistema giudiziario e carcerario semplicemente al collasso e hanno fatto, invece, la fortuna delle tante e ricche organizzazioni criminali del paese.

Marco Pannella e la legalizzazione della cannabis

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