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riscaldamento globale

Per il ministro Roberto Cingolani gli ambientalisti sono parte del problema climatico

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Gli ambientalisti? Sono parte del problema climatico. Almeno per Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, che dal palco della Scuola di formazione di Matteo Renzi si è scagliato contro gli attivisti. «Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti, ideologici, loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato», ha detto. «Spero che rimaniate aperti a un confronto non ideologico, che guardiate i numeri. Se non guardate i numeri rischiate di farvi male come mai successo in precedenza». Ed è tornato a parlare anche di nucleare: «è da folli non considerare questa tecnologia». Ma chi è Cingolani, l’uomo che dovrebbe accompagnarci nella rivoluzione green?

Roberto Cingolani, il superministro

Classe 1961, Cingolani si è laureato in fisica a Bari e nel 1989 ha conseguito il diploma di perfezionamento in fisica alla Normale di Pisa. È stato ricercatore al Max Planck Institut di Stoccarda, in Germania, e alla Virginia Commonwealth University negli Stati Uniti. Per quindici anni è stato direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, dal 2005 al 2019, prima di diventare Chief Technology Officer di Leonardo Finmeccanica. E il rapporto con la politica? Cingolani è intervenuto a diverse edizioni della Leopolda, l’annuale incontro organizzato dall’entourage di Matteo Renzi, ha partecipato a incontri del think tank di Enrico Letta VeDrò, al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione e, nell’aprile 2018, al convegno organizzato da Davide Casaleggio Sum#02 – Capire il futuro. E ora è diventato uno dei cavalli di punta del governo Draghi.

Le prospettive su industria e ambiente

Cingolani dovrà guidare un ministero nel quale convoglieranno, per la prima volta, enormi risorse. Nel piano si parla di idrogeno verde ed energie rinnovabili, di piste ciclabili e di rimboschimento, di riciclo dei rifiuti e risorse idriche. «Senza dubbio alcuno parliamo di un tecnico molto esperto», spiega a VD Roberto Braibanti, ambientalista di Terra. «Dovremmo verificare il cammino strada facendo, certo è che restano alcune perplessità se si analizza la struttura del Ministero, che dovrà gestire enormi risorse. Se si parla di ammodernamento, di recupero del dissesto idrogeologico, di depurazione delle acque, allora un passo nella direzione giusta è stato fatto. Ma un percorso virtuoso in tema ambientale ora non può più prescindere dalla rivoluzione nella produzione. Su questo si gioca la partita. Dobbiamo rivoluzionare il modo in cui si produce, in Italia». Saprà il Ministero essere indipendente da Confindustria? «Storicamente la classe dirigente a livello industriale non è mai stata attenta ai temi ambientali», spiega Braibanti. «Il rischio - ma è appunto un pensiero - è che tutto resti sul piano degli slogan, che diventi un altro caso di greenwashing. Quei fondi sono invece un’occasione unica per scardinare un certo modo di produrre, provando a ripensare, ad esempio l’Ilva di Taranto: come riconvertirla? Parliamo di questo. Se invece si tornerà a parlare di ponte sullo Stretto di Messina, credo che emigrerò», conclude sorridendo.

«Cingolani non ha mai parlato di altro all’infuori della tecnologia. Che è essenziale, ma se non hai visione ampia e a lungo termine, non è possibile alcuna transizione», spiega a VD Giovanni Mori dei Fridays for Future. «Nelle interviste che ha rilasciato, ha addirittura sostenuto che il gas ‘non è poi così male’. È anche andato contro il report dell’agenzia internazionale dell’energia che dice che ormai il fotovoltaico non è più una forma di energia costosa. È grave che un fisico della statura di Cingolani vada a dire in giro inesattezze del genere».

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