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riscaldamento globale

5 milioni di morti l'anno per le ondate di calore. Colpa del riscaldamento globale

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Le ondate di caldo che in questi giorni stanno sconvolgendo l’emisfero nord del mondo non sarebbero un evento casuale, ma un vero e proprio prologo della crisi climatica ormai alle porte. I modelli predittivi degli scienziati sul riscaldamento globale, che ci davano ancora un po’ di tempo prima di subire preoccupanti fenomeni estremi come la heat wave dell’ultimo periodo, si stanno rivelando ottimistici. Lo conferma l'Istituto Reale Meteorologico Olandese nelle parole di Geert Jan van Oldenborgh.

L’ondata di caldo e il riscaldamento globale

Un caldo “virtualmente impossibile” ha investito il Canada nelle ultime settimane, causando circa 500 morti, 138 incendi e, probabilmente, un miliardo di vittime tra gli animali marini. A definirlo tale è stato un team svizzero della World Weather Attribution che, analizzati i dati di questi giorni, ha definito questa situazione “impossibile senza gli effetti del riscaldamento globale”. Secondo le stime attuali, l’heat dome, un’ondata di caldo come quella che ha investito l’area pacifica del Canada «si verifica una volta ogni mille anni» ma con l’attività umana, questa frequenza, oggi, sarebbe «150 volte superiore». Finora, un evento simile era da considerarsi «estremamente raro», ma la crisi climatica «ci sta conducendo molto rapidamente in un territorio sconosciuto che avrà conseguenze significative», scrivono gli esperti.

Concorda Friederike Otto, direttore associato dell’Istituto sul Cambiamento Ambientale a Oxford che considera questo record il più straordinario mai visto. «Non possiamo più attenderci che le ondate di caldo si comportino come facevano in passato» ha concluso. Geert Jan van Oldenborgh del Royal Netherlands Meteorological Institute: «Da quando è arrivata questa ondata di caldo, molto al di sopra del limite più alto previsto, siamo meno sicuri delle nostre conoscenze sulle ondate di calore rispetto a due settimane fa. Siamo molto preoccupati per la possibilità che ciò accada ovunque». A conferma dei timori di van Oldenborgh sono arrivate le notizie dal Circolo Polare Artico, dove le temperature registrate in questi giorni sono le stesse di Palermo (Banak, a nord della Lapponia, ha raggiunto i quasi 35°). Se il riscaldamento globale superasse gli attuali 1.2° e toccasse i 2°, un evento come l’heat wave odierna, che «si verifica all'incirca ogni mille anni, finirebbe per manifestarsi ogni 5-10 anni», con picchi oltre i 50°. Una prospettiva tutt'altro che incoraggiante se, come conferma lo studio della Monash University pubblicato su The Lancet Planetary Health, negli ultimi vent'anni le ondate di calore hanno provocato 5 milioni di morti in ben 40 paesi.

C’è l’uomo alla base di questi eventi estremi

Nonostante la (sempre più debole) convinzione di alcuni, il riscaldamento globale sta peggiorando e la sua causa è l’attività umana. Le emissioni di anidride carbonica non stanno solo alterando le semplici temperature, ma tutto il sistema climatico intensificando gli eventi estremi. Ondate di calore, piogge torrenziali, incendi devastanti, siccità prolungate, tutte catastrofi straordinarie che hanno fornito, in questi anni, innumerevoli dati agli scienziati, autandoli a sviluppare nuovi metodi di indagine. «Vediamo emergere dei segnali che non avrebbero avuto praticamente nessuna probabilità di accadere senza cambiamenti climatici indotti dall’uomo», ha spiegato a Reuters Sonia Seneviratne, scienziata del clima del Politecnico di Zurigo. Ecco perché, come ha sottolineato a VD il fisico del clima Antonello Pasini del CNR, d’accordo con altri 11mila scienziati su BioScience, non dovremmo più parlare di “cambiamento climatico” ma di “crisi climatica”. «Restituisce una dimensione emergenziale che non saremmo portati a pensare con i numeri piccoli che abbiamo. Siamo in emergenza, ce lo dice la scienza che fa conti più quantitativi».

L’aspetto antropico non sembra essere più in discussione, per la scienza. «Sapere che il cambiamento è antropico, cioè di origine umana, non è una disgrazia ma una buona notizia» aggiunge Pasini. «Se il cambiamento fosse di origine naturale noi non potremmo far altro che difenderci nei confronti di questo cambiamento. Invece, così, possiamo agire sulle cause per ridurre gli effetti: bruciare meno combustibili fossili, possibilmente azzerare le combustioni, riforestare, dedicarci a un’agricoltura sostenibile, usando ad esempio meno concimi azotati, che vanno in atmosfera come protossido d’azoto e hanno un potere riscaldante superiore all’anidride carbonica. Poi bisogna, però, spingere sui politici, perché si tratta di gestire una transizione epocale senza far pagare il prezzo di questa transizione alle fasce più deboli. E questo è un compito della politica».

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