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La letteratura erotica

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Chi non ricorda la terribile battuta del film di Peter Greenaway Il ventre dell'architetto? «Tuo figlio è un ottimo preservativo». La pronuncia l'amante italiano della moglie di Stourley Kracklite, l'architetto americano in viaggio a Roma per allestire una mostra, il quale si scopre minato da fatale morbo e cornuto in articulo mortis perdipiù. Il topos dell'adulterio con donna gravida come massima espressione dell'erotismo trasgressivo, naturale e contro natura allo stesso tempo, compare anche nel romanzo di Franco Branciaroli La carne tonda. Notevole la scena finale del parto-orgasmo. Nella sua crudezza caotica e magmatica ricorda certe pagine del romanzo Il fuoco del mondo, di Giuseppe Iorio, condannato negli anni Cinquanta in tutti i gradi di giudizio e dunque dato al rogo fin dentro al corpo dei caratteri mobili della composizione tipografica proprio per la violazione del pudore del parto.

La carne tonda e la letteratura erotica

Impasto linguistico-carnale denso di energia espressiva, La carne tonda è il monologo di un attore che si è riempito le orecchie calcando le scene con Testori e Carmelo Bene, e ha ottenuto fama negli anni Ottanta come interprete dei film di Tinto Brass; improntato a un erotismo anarchico e spudorato, quando non sgangherato, sempre un po' cinico e scatologico alla Miller... Si veda il racconto del portinaio sulla vedova fresca di lutto e disponibile, ma preda di flatulenze rumorose come lo scarico di una Harley-Davidson. Solo un piccolo e grande editore come Aragno, romanticamente votato ai casi più disperati e dunque letterariamente nobili, poteva darlo alle stampe. E non soltanto per l'overdose di descrizioni scatenate e prive di ogni tabù – a cominciare da quelli del politicamente corretto (espressione ormai usata ad nauseam) –, ma anche per la sua natura di reperto novecentesco, virulento e carico di umori linguistico-fisiologici, gettato nella modernità sterile del Terzo Millennio.

Non per niente l'incipit è dedicato alla fine del secolo erotico, individuata nel passaggio dalla lira all'euro: “E tutto raddoppiò come se ci guardasse un ubriaco tranne gli stipendi e le pensioni che, attendendosi patriotticamente ai tradizionali valori, di fatto dimezzarono. E così il Prodi dopo avercene lasciato di due coglioni uno solo e aver ridotto la testosteronica Italia a un semi eunuco, aspira, ci mancherebbe, come l'Amato, alla presidenza della repubblica...” Date queste premesse, “eppur si muove”, tra il bar Basso e i navigli milanesi, alcol e scorribande su una vecchia Mercedes, anche grazie ai miracoli chimici della Pfizer, e a qualche tabù residuo.

La letteratura erotica è sempre stata degli uomini

Più che il ritorno di un genere tipicamente novecentesco – il romanzo erotico di autore maschio – La carne tonda ne saluta la scomparsa, come certe luciferine stelle del mattino si congedano dalla notte. Se il romanzo erotico ha da sopravvivere deve almeno essere scritto da mano femminile. Qualche tempo fa Giulio Mozzi, esploratore del mondo ctonio e sommerso dei manoscritti, in quanto consulente editoriale e docente nelle scuole di scrittura, raccontava d'avere ricevuto un testo stile Melissa P. Era il tempo del successo di quel diario spinto ambientato a Catania e uscito nel 2003: e gli emuli della giovane siciliana inondavano le case editrici di improbabili manoscritti. Mozzi si era chiesto quale fanciulla si nascondesse dietro lo pseudonimo – qualcosa tipo Alessia D o Brigitta Q – per scoprire che si trattava di un uomo che andava verso i cinquanta. Altro che ragazzine!

Insieme alla trilogia sadomaso delle sfumature (successo cosmico come Harry Potter o Il codice Da Vinci), Melissa P è stato uno degli ultimi e rari libri di argomento erotico che hanno sbancato la classifica in Italia in tempi non remoti. Tutt'e due – 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire e Cinquanta sfumature di grigio – hanno qualcosa in comune oltre al titolo numerologico e al tema erotico: sono stati scritti da donne. Una sgradevole e impronunciabile legge del mercato del lavoro vorrebbe che la femminilizzazione in una professione sia considerata indice di scadimento, di minor attrattiva di quell'ambito. In questo caso – intendo il “lavoro” di autore erotico – ci sono probabilmente altri elementi o almeno si possono tirare in ballo.

L’inversione di tendenza

Oggi un'opera con alto tasso di ormoni nell'inchiostro ha maggiori probabilità di essere pubblicata e di vendere se scritta da donne con buona pace dei Tropici di Henry Miller, di Lolita di Nabokov, e di Lamento di Portnoy di Roth... Un po' perché le donne leggono di più e un po' perché, in un mondo sempre più politicamente corretto, diventa sempre meno concepibile che un uomo racconti l'altra metà del cielo in un terreno come le lenzuola, più minato di un confine balcanico. Meglio affidarsi a una donna, se proprio si deve. Spostandoci in un ambito abbastanza contiguo – i racconti sulle relazioni – pensiamo a un libro come quello di Selvaggia Lucarelli declinato al maschile: Dieci piccoli infami. Gli sciagurati incontri che ci rendono peggiori... Diventerebbe qualcosa tipo Dieci piccole infami. E non mancano le ragioni perché le cose stiano così: tra “nuovi” fenomeni criminali come il femminicidio dilagante, e il vecchio stigma della “zoccola” ancora in circolazione.

A livelli più estremi un caso recente è quello di Vassili Zaitsev, pseudonimo russofono di un bancario di Torino mollato dalla collega sposata, e denunciato per avere autopubblicato su Amazon un libro dove raccontava la storia con lei, condita di dettagli intimi imbarazzanti e soprannomi teneri (lui è “orso innamorato” e lei “pasticcina”). La faccenda è finita in tribunale con profili penali pesanti, vedi stalking e dintorni. Benché più sofisticata e meno popolare, una narrazione di questo tipo si può anche accostare al “revenge porn”, le immagini diffuse per arrecare danno alla persona che ti si è concessa. Roba che una volta solo le spie o un ginecologo bulgaro che durante la guerra fredda ritraeva le mogli dei diplomatici durante le visite per ricattarli. Ma se qualcosa del genere fosse stato scritto da una donna forse sarebbe diventato semplicemente “un caso editoriale” invece che materia giudiziaria? Tra l'altro Vassili Zaitsev (Vasilij Zajcev, secondo la corretta trascrizione) è il nome di un famoso cecchino di Stalingrado, il “krasnyj sniper", il cecchino rosso. Quando si dice essere presi di mira. Mi riferisco ovviamente a Irina, l'oggetto della sua passione non più ricambiata.

La crisi della letteratura erotica

Mettiamo una cornice alla foto di gruppo. Al di là del genere dell'autore, la letteratura erotica è entrata in una fase di disarmo ben prima del Covid. La pandemia, il periodo meno sexy, più bromurico e sessualmente asettico dell'umano cammino, non ha certamente contribuito a risollevarne le sorti. Il Novecento è stato il secolo dello sdoganamento del sesso nelle “alte sfere dell'arte”. Alla faccia di Calvino che lo definiva “il secolo casto, il secolo di Kafka” sbagliando secolo e scrittore. Secondo Norberto Bobbio che cita Stefan Zweig, è stato Freud a dare una dignità che prima non aveva alla “sfera sessuale” (metafora geometrica penosa ma diffusa).

Nell'Ottocento il sesso si faceva, ma non si raccontava ed era considerato una funzione fisiologica animalesca e quasi neurovegetativa. Non degna di attenzione oltreché sconveniente, dunque. Dalla prima guerra mondiale in poi il tappo salta sia pure con modalità ancora semiclandestine. Nel 1922, lo stesso anno della marcia su Roma, esce a Parigi l'Ulisse di Joyce con il flusso di coscienza finale di Molly Bloom che prima di prendere sonno confessa di preferire un ben dotato uomo di colore al Principe di Galles se proprio deve concedersi una fantasia sessuale. Di qui infinte persecuzioni e condanne giudiziarie per “oscenità” a questo e altri titoli. Finanche una denuncia negli anni '60 in Italia... Nel 1928 esce a Firenze L'amante di Lady Chatterley. Nel '34 esce, sempre a Parigi, Tropico del cancro. Edizioni esiliche, misere, piene di refusi e in poche copie che oggi possono valere anche 50mila euro, ma allora circolavano poco, manco fossero giornaletti porno tra minorenni d'antan.

Poi qualcosa si è rotto verso la fine del secondo Millennio. Forse la liberazione ha tolto ogni senso della trasgressione. Forse il mondo è diventato troppo complicato e ansiogeno per essere lo sfondo di avventure erotiche: perché come hanno detto i napoletani prima di Freud: “...'O cazzo non vuole pensieri”. L'abbattimento delle Twin Towers, simbolo fallico, oltre che capitalistico-imperialista, la strisciante, carsica e ubiqua minaccia terroristica, la perenne e deprimente crisi economica, e infine la mazzata del Covid sono pietre miliari sulla strada della desessualizzazione del pianeta che si riflette in letteratura. Del resto già l'Aids aveva posto fine agli anni '80, il decennio “liberato” cioè arrivato dopo quelli della liberazione: una stagione dove l'erotismo era rappresentato dal cappotto cammello di Marlon Brando in Ultimo tango, film addirittura censurato in Italia, privilegio ormai sempre più raro in quel periodo. Oggi di quella pellicola data al rogo scandalizzerebbe magari l'utilizzo del burro per la celeberrima scena della sodomia, così ricco di colesterolo e ottenuto sfruttando le mucche, destinate a finire in coriacei hamburger dopo la menopausa.

Un esperimento letterario porno soft

Un giornalista americano, Mike McGrady, aveva capito tutto l'andazzo negli anni '60. Di fronte al successo dei romanzetti pruriginosi stile I peccatori di Peyton Place – non la cara, vecchia e grandiosa letteratura erotica alla Henry Miller – si era messo in testa di coinvolgere un gruppo di colleghi – ventitré uomini e una donna – e prendere per il culo le masse e i mass media fabbricando qualcosa di simile e firmandolo con uno pseudonimo femminile: Penelope Ashe. La storia, che racconta di come Gillie, moglie cornuta di un conduttore radiofonico, si vendichi del marito fedifrago, facendosi mezzo vicinato a New York, ha richiesto un po' di tempo per essere messa sulla carta. Perché doveva essere mal scritta e non lo era mai abbastanza.

All'uscita, nel 1969, ha riscosso subito successo. A quel punto gli autori sono sfilati a sorpresa in uno show televisivo per svelare la “literary hoax”, la bufala letteraria nascosta dietro a un libro che per la verità era piuttosto divertente, tutt'altro che scritto male, anche se priva di profondità, e decisamente poco spinto soprattutto nel linguaggio. Siamo dalle parti delle Cinquanta sfumature, in quell'ambito che viene definito “porno soft”. L'immagine di copertina del libro era stata presa da una rivista di nudisti ungheresi trovata per terra dall'editore. Coerentemente col loro scopo provocatorio, il collettivo si rifiuterà di scrivere l'immancabile seguito (allora non spopolava ancora la trilogia).

McGrady definisce il porno soft come quel genere che viene letto dalla moglie del procuratore, mentre la vera letteratura erotica, con tutta la sua carica eversiva, è o meglio era quella letta dal procuratore. Esempi non lontani e da riserva WWF della seconda categoria si possono individuare nelle opere della francese Virginie Despentes. Ex punk, prostituta, vittima di violenza carnale, la Despentes è l'autrice di Baise-moi (Scopami, 1993) e della trilogia Vernon Subutex. Nello stesso periodo di Scopami esce Il danno, dell'irlandese Josephine Hart, altro grande successo con trasposizione cinematografica di Louis Malle e Jeremy Irons nel ruolo di Stephen Fleming, il politico che si fa la fidanzata del figlio causando incidentalmente la morte del ragazzo che li sorprende in un rapporto orale. Quello che il sublime Penna aveva definito “peccato di gola”: “Mi inginocchio e ti prendo, anima sola/ Non è preghiera, è peccato di gola”.

Le regole del romanzo erotico perfetto

Non è detto che un romanzo erotico debba avere descrizioni esplicite, le quali possono essere presenti in libri che appartengono a ogni altro genere letterario. La libertà di rappresentazione ha reso il lavoro difficile perché si oscilla tra l'incudine dei termini anatomico-scientifici, un po' ridicoli e da verbale dei carabinieri, e il martello di parole che suonano volgari e ormai si usano solo come imprecazioni. Niente di naturale in entrambi i casi e l'italiano complica ulteriormente il compito.

Già Arbasino, nell'ultima e più scatenata versione di Fratelli d'Italia, scriveva: «Ma come si fa a mettere sulla pagina un termine come “pompino”, tre sillabe sopra un diminutivo?... “Suck that dick, baby”, quelle sono frasi carine... Ma come quando al massimo delle sue possibilità una lingua ti fornisce roba tipo “l’energumeno estrasse un membro gigantesco”?... Estrasse... Mah». E poco più sotto: «Ma... fare delle descrizioni in italiano con termini come “succhiammo”, “masturbando”, “glutei” e “capezzoli”? Pentasillabi sdruccioli come “profilattici”? E con “sodomizzazione” siamo a sei! Niente di parlato, e meno che meno il “pene”, quasi sempre frainteso per il plurale di pena”...». Ormai sempre più frainteso per il plurale di pena.

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