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Italiani e stress: siamo il popolo più esaurito d'Europa

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A volte può bastare una domanda, semplice ma sincera, per rovesciare l’intera tazza di emozioni. Ci sono parole che hanno l’effetto di mandare in frantumi le più resistenti corazze, premendo su un solo punto. È la storia di Simone, giovane professionista sardo, e del burnout innescato dalla domanda di suo padre: «Come stai?». L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il burnout come “sindrome concettualizzata, conseguenza di stress cronico sul posto di lavoro non gestito con successo”. Per Simone, fino ad agosto dello scorso anno, questa era la definizione di un malessere lontano: «Qualcosa che poteva capitare, certo. Ma non a me. Pensavo di essere perfettamente in grado di gestire l’enorme stress e l’ansia che derivavano dal mio lavoro. In fondo era la mia vita, il lavoro che ho scelto e del quale ero innamorato». Simone era il graphic designer di una grande azienda immobiliare londinese. Progetti importanti e deadline stringenti: «Capitava di lavorare anche 16 o 17 ore al giorno, e accumulavo anche 150 ore di straordinario».

Troppo stress da lavoro

Simone è molto capace e, nel giro di pochi anni, fa carriera, ottiene un incarico prestigioso e premi internazionali: «Inserimmo elementi di design 3D in una pubblicazione stampata. Così vincemmo un riconoscimento battendo colossi della comunicazione», ricorda a VD. «Questo non servì a garantirmi periodi di tranquillità lavorativa, però. Anzi: la mia diretta responsabile era martellante. Ricordo che, dopo una settimana di smart working, in Sardegna, con ore e ore di straordinario, riuscì a ritagliarmi due ore per andare a cena fuori». Simone è in auto quando arriva l’ennesimo messaggio: “Dovresti fare delle modifiche, torna indietro”. Già al culmine, questa volta rifiuta e pronuncia il suo primo “No”. Pochi giorni dopo va a cena a casa dei genitori. E’ la sera del burnout. Alla domanda “Come stai?”, rivoltagli dal padre, Simone ha un tracollo emotivo. I genitori gli raccontano l’intera vicenda in ospedale, quando la crisi è ormai alle spalle: «Mi hanno detto che ho cominciato a correre, ricordo queste palpitazioni fortissime e una crisi di pianto. Mi hanno ritrovato fra gli ulivi, lontano da casa, steso a terra». E’ il suo primo attacco di panico, a cui seguiranno altri attacchi nei mesi seguenti, ed è l’inizio di un percorso a ostacoli per recuperare il benessere psicofisico. L’azienda, però, a gennaio gli dà il benservito. Fino a quel momento le performance di Simone erano tra le più alte dell’intero gruppo.

Italiani popolo di santi, poeti e navigatori (stressati)

Il caso di Simone non è raro. Il burnout lavorativo, dall’inizio dell’emergenza pandemica, è un fenomeno in rapido aumento. Uno studio pubblicato da Nature rivela che, su oltre 1.000 professori americani intervistati, il 70% si sente stressato da quando è in smart working. E l’Italia? Secondo uno studio condotto dalla mobile bank N26, gli Italiani sono il popolo più stressato d’Occidente. A scatenare lo stress in Italia sono soprattutto motivi finanziari: una multa inaspettata, il mancato pagamento di una rata del mutuo, anche la rottura della caldaia. «Bisogna abbattere il tabù delle questioni finanziarie», spiega a VD Roberto Forleo, Marketing Manager di N26 Italia. Secondo Forleo «le nuove generazioni tendono ad avvicinarsi con più semplicità ai temi finanziari. Il denaro sembra invece un argomento off limits tra gli adulti e la banca deve partecipare a questa liberazione, semplificando il linguaggio bancario». Una netta differenza emerge, nello studio di N26, tra uomini e donne: per gli uomini ai primi posti tra le ragioni che inducono stress ci sono mutuo e paura di perdere il lavoro. Per le donne lo scenario più angosciante è la rottura della caldaia, una multa inaspettata o il divorzio. In generale emerge che le donne – non solo in Italia – si sentono più spesso stressate, ma meno allarmate dai problemi finanziari rispetto agli uomini. Per Roberto Forleo su questo è probabile che «intervengano fattori psicologici. Gli uomini sono più portati al rischio finanziario ma è in corso un notevole empowerment femminile nella gestione dei propri soldi. Su questo dobbiamo colmare un gender gap. Va detto, però, che se gli italiani sono il paese più stressato d’Europa, record di cui non andar fieri, siamo anche i migliori nella gestione dello stress», aggiunge Forleo. Dallo studio emerge infatti una certa abilità, da parte degli italiani, nella riduzione dei livelli di stress: aiuta l’ascolto della musica, ma anche l’ottenimento di uno sconto o di un bonus a lavoro.

Lo stress tra i più giovani

Ma non è solo il mondo degli adulti a soffrire di stress. «Tra i miei pazienti ci sono numerosi adolescenti», spiega a VD la psicologa Annalisa Battisti. «Va detto che negli ultimi anni i più piccoli sostengono di essere “stressati” perché prendono in prestito le parole dei genitori, per emulazione. Alcuni vogliono simulare gli atteggiamenti degli adulti e lo fanno simulando lo stress dei genitori. Ma la verità è che molti adolescenti sono stressati davvero. Dipende ovviamente da fattori culturali, ma molto ha inciso la pandemia. Si sviluppano rapporti a distanza, che sono evidentemente più stressanti di quelli reali perché richiedono uno sforzo costante per interpretare il linguaggio testuale, senza alcuna mimica». Non solo: «La scuola è sempre più performante e in generale la società è iper competitiva. Questo genera ansia nei giovanissimi. Alcuni giovani pazienti sono stressati anche dalla ricerca di una propria identità sessuale», aggiunge la dottoressa Battisti. «Mi ripetono: “Oddio, come farò?”. I bisogni poi aumentano e, se i genitori non sono economicamente in grado di soddisfarli, c’è il rischio di essere tagliati fuori».

Come combattere lo stress

Ma come si fa a riconoscere i segnali dello stress patologico? «Dobbiamo capire quando e quanto spesso proviamo stress: quando si protrae a lungo sarebbe meglio rivolgersi a un professionista. Il nostro corpo ci invia comunque dei sintomi quando si alza il livello del cortisolo: affanni, mal di testa, problemi di concentrazione», spiega la dottoressa Annalisa Battisti. «Aiutiamoci con piccole coccole quotidiane, con la meditazione». Un consiglio che ha ricevuto anche Simone. «Da quando sono stato in ospedale ho dovuto iniziare la terapia, prendere due mesi di malattia al lavoro. La persona che ha direttamente causato il mio stress non ha ammesso alcuna responsabilità. Anzi, da quando sono crollato sono diventato un pericolo per l’azienda, che infatti – nonostante le mie performance – mi ha licenziato a gennaio. Ora prendo psicofarmaci, mi hanno prescritto riposo assoluto e passeggiate». E a Simone hanno consigliato il sole. «Dopo un esaurimento i nervi hanno bisogno di rigenerarsi: esporsi al sole libera endorfine che aiutano a tenere i livelli di stress sotto controllo. E’ un consiglio che vorrei dare a tutti: concedetevi una pausa al sole ogni tanto».

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