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Cos'è il voguing e come ha conquistato Milano
Uno dei tanti ragazzi della community queer milanese, che si ritrova ogni mercoledì sera di fronte alla Chiesetta di Via Lecco, in zona Porta Venezia per esprimere liberamente la propria identità attraverso il voguing, racconta: «Le ballroom sono nate per le categorie di persone discriminate, quindi le comunità latine, nere, transgender e queer.» Chi partecipa a queste serate, oltre a divertirsi e a trovare un proprio spazio di libertà, conosce bene le origini di un movimento fondato dalle minoranze delle minoranze.
Come nasce il voguing e com’è arrivato in Italia
Nato negli anni Settanta ad Harlem, come uno stile di danza che imita le pose plastiche che si vedono in sfilata – il nome nasce proprio ispirato dalle copertine del magazine di moda Vogue –, il movimento ha continuato a diffondersi negli Stati Uniti partendo dalla comunità gay di New York negli anni Ottanta, fino a diventare poi negli anni Novanta un vero e proprio fenomeno di costume, sdoganato nel 1989 da Malcolm McLaren e il suo video Deep in Vogue e poi l’anno dopo da Madonna, con il video di Vogue. Partendo da quest’ultimo stimolo in particolare fu inaugurata la cosiddetta New Way, un superamento della Old Way in cui i movimenti, prima basati su simmetrie, precisione e fluidità, diventano più rigidi e geometrici, contorsivi ed elaborati, e seguono la musica dell’epoca. Nuovi generi e stili sono nati negli anni seguenti.
In questa cornice, ecco che persone gay, queer e trans, discriminati dalla società ed emarginati per genere, orientamento sessuale o anche per la loro etnia – e con l’affacciarsi negli anni Ottanta anche dell’Hiv a costituire un ulteriore elemento di giudizio e di distanza da parte della società – trovano un ambiente sicuro in cui esibirsi e mostrarsi, sentendosi accettati e soprattutto protetti dal gruppo. A far conoscere alla massa questo mondo sono stati cinema e televisione, a partire dal documentario del 1990 Paris is Burning di Jennie Livingston e poi in questi più recenti anni, dando vita a una sorta di revival, il reality show RuPaul’s Drag Race o serie come Pose, che ricostruisce in maniera perfetta il fenomeno e il suo immaginario.
La nuova ballroom di Milano
Via Lecco e Porta Venezia sono le zone più LGBTQ friendly e queer di Milano, ma ancora mancava un posto come questo, nato per permettere a tutti di esprimersi a partire dal modo di vestire e di truccarsi, fino alla vera e propria performance in una piazza – piazzetta! – d’eccezione. «È cominciato tutto da un gruppo di amici, accomunati dalla passione per il Vogue,» racconta Kenjii, l’organizzatore delle serate settimanali alla Chiesetta di via Lecco, nate l’estate scorsa nella Milano post-lockdown, vuota e piena di restrizioni. «Qui a Milano non era ancora arrivato il movimento, così abbiamo deciso di prenderci la zona di Porta Venezia e di trasformarla in una ballroom una volta a settimana, per avere uno spazio nostro in cui fare quello che ci piace e senza disturbare nessuno.»
Ogni serata è a sé, comincia presto e va avanti fino a tardi, tardissimo. «Non ti so dire esattamente quanti siamo,» spiega Kanjii a VD, «ma abbiamo cominciato in pochissimi, poi abbiamo iniziato a ricevere le visite di amici di passaggio, che sapevano dove trovarci e volevano condividere con noi quel momento. Ora ogni serata c’è gente nuova, o gente che torna e riprova.» Le performance, come anche le serie prima citate spiegano molto bene, si fondano sulle cosiddette “battle”, cioè i duelli di ballo tra due performer, disputate tra famiglie (“house family”) che si sfidano all’interno di diverse categorie.
Riconquistare la propria libertà attraverso il voguing
«Questa volta il branco siamo noi», «A testa alta in mezzo alla strada senza doversi giustificare con la società», sono alcune delle frasi che vengono ripetute dalle persone che si ritrovano in cerchio per condividere questa passione e per sentirsi almeno per un sera liberi di esporsi e di esprimersi senza temere aggressioni e ritorsioni, soprattutto ora che è svanita la speranza del DDL Zan e di avere, in breve tempo, una legge apposita che possa tutelare i diritti delle persone LGBTQ+ e queer.
«Conosco l'esistenza del voguing da un bel po', grazie a un amico che me ne ha sempre parlato,» racconta Marshan Francesco, da pochi mesi a Milano, dove alcune settimane fa ha scoperto la realtà di porta Venezia. «Per molto tempo non l’ho considerato, e me ne pento: se mi fossi avvicinato in questo mondo prima, forse la mia vita a Napoli sarebbe stata migliore,» confessa. «Stavo vivendo un periodo buio della mia vita e credo che esibirmi in quel mercoledì sera mi abbia aiutato tantissimo, è stata veramente un'ottima valvola di sfogo. Per la prima volta mi sono espresso al 100% davanti a degli sconosciuti e questa cosa non è da me. Tornato a casa mi sono reso conto che io ho tanto da dare e che fare voguing permettere abbattere limiti che mi prefissavo io stesso, e di curare la propria anima».
Se Pose ha sdoganato ai più questa realtà, chi frequenta gli eventi ci tiene a dirlo, non si tratta di imitare una serie tv, ma di potersi finalmente esprimere liberamente, a testa alta, in mezzo alla strada.
Il video di una serata di voguing a Porta Venezia
Siamo stati alla Chiesetta di Via Lecco a Milano, per raccontare anche in video la serata del voguing, un ritrovo che permette alle persone si ritrova di esprimersi liberamente.
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