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scienza

Come ha fatto la Vitamina C a unire il mondo

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Quando pensiamo alle vicende che hanno unito e connesso ogni angolo del nostro mondo, i protagonisti che ci vengono in mente sono sempre loro: i grandi esploratori come Magellano, Vespucci, Colombo, Cook, oppure i sovrani come Elisabetta I o Isabella di Castiglia. Ricordiamo quei velieri che, con lunghi viaggi, attraversavano gli oceani verso continenti sconosciuti, disegnando coste dove le mappe erano ancora vuote e bianche. Ma quelle scoperte hanno avuto anche un’altra protagonista, piccola, silenziosa eppure fondamentale. Una protagonista che, non solo, ha reso possibili le lunghe traversate oceaniche, ma ha anche salvato la vita a migliaia di marinai. Oggi la conosciamo tutti: è la vitamina C.

In alto mare senza frutta e verdura

Nel 1700 non erano ancora note le vitamine. Tantomeno si sapeva che l’uomo (e alcune altre specie animali) non riusciva a produrre la vitamina C. Che, insomma, doveva assumerla, come oggi, attraverso gli alimenti freschi (soprattutto frutta e verdura) o sarebbe andato incontro a una malattia letale chiamata scorbuto. Questo nostro bisogno divenne ancor più evidente quando iniziammo ad attraversare l’oceano su velieri che non erano attrezzati per trasportare vegetali. Tra il 1500 e il 1800, sembra che siano morti migliaia di marinai sulle navi europee: una strage. Nel 1700, però, albeggiava l’epoca dei lumi e James Lind, medico della Royal Navy, dopo aver intuito la connessione tra alimentazione e scorbuto, organizzò un esperimento scientifico tra i primi della storia.

«Il 20 maggio 1747, selezionai 12 malati di scorbuto, a bordo della Salisbury durante la navigazione» ci fa sapere di sua mano. «Feci in modo che i loro casi fossero i più simili possibile». Lind divise i 12 marinai in coppie e assegnò loro diete diverse. «Due ebbero due arance e un limone ogni giorno. Essi lo mangiavano con golosità, a volte a stomaco vuoto. Continuarono a mangiarne ma solo per sei giorni, avendo consumato la quantità che poteva essere conservata». Gli effetti non tardarono a emergere. «La conseguenza fu che i più lampanti e ben visibili effetti curativi furono ottenuti dall'uso di arance e limoni; uno dei due che li ha assunti nel giro di sei giorni è diventato un uomo pronto per il suo dovere. L'altro ebbe il miglior recupero rispetto agli altri nella sua condizione; e stando già abbastanza bene, è stato nominato infermiere per il resto dei malati».

L’esperimento di Lind aveva individuato gli effetti della vitamina C due secoli prima che ne fosse scoperta l’esistenza. Ci vollero anni perché le marine dei grandi paesi europei facessero tesoro dell’esperimento, ma un primo passo verso la cura dello scorbuto era stato fatto. Viaggiare in mare sarebbe diventato sempre più facile.

La vitamina C fu il carburante delle grandi esplorazioni...

James Cook (1728-1779)
James Cook (1728-1779)

Il 1700-1800 fu l’epoca delle grandi traversate dell’Oceano Pacifico: 20mila km di acqua che separavano il Nuovo Mondo dall’antichissima Asia e l’ancora sconosciuta Australia. Un mare che, coi suoi 180 milioni di km quadrati, era un mondo a sé: vuoto, misterioso e ostile per i capitani delle navi a vela che lo attraversavano. James Cook fu forse il più famoso di questi esploratori: marinaio purosangue entrato nella Royal Navy adolescente e divenuto ammiraglio. Nel 1768 partì per il primo dei suoi tre viaggi con i quali avrebbe esplorato tutto il Pacifico e gran parte dell’Oceano Indiano, raggiungendo lo Stretto di Behring, a nord, e la Nuova Zelanda a sud. «Ho esplorato più io del Grande Mare del Sud di tutti quelli che sono andati prima di me, tanto che poco resta ora da fare per avere una conoscenza approfondita di quella parte del Globo» scrisse in una sua lettera del 1771.

Questo viaggio fu fondamentale anche per la battaglia contro lo scorbuto. Cook, infatti, sapendo dell'esperimento di Lind, costrinse gli uomini a nutrirsi regolarmente di agrumi e crauti durante la traversata. La spedizione riuscì ad affrontare il mare più grande del mondo senza perdere, praticamente, alcun uomo a causa dello scorbuto, un fatto eccezionale per quei tempi.  Nel corso dei suoi tre viaggi Cook navigò per migliaia di miglia in luoghi ancora inesplorati, realizzando il primo contatto europeo con le coste dell'Australia e delle Hawaii, oltre alla prima circumnavigazione ufficiale della Nuova Zelanda. Lasciò un patrimonio di conoscenze scientifiche e geografiche che avrebbe influenzato le generazioni a venire fino al XX secolo. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto fondamentale della vitamina C.

...e della prima spedizione scientifica

Alessandro Malaspina (1754-1810)
Alessandro Malaspina (1754-1810)

Gli italiani sono stati esploratori famosi. Cristoforo Colombo, Amerigo Vespucci, Giovanni Caboto: nomi rimasti nella storia. Tra questi, un posto d'onore merita il meno noto Alessandro Malaspina che entrò al servizio della corona di Spagna nel 1774. Ad animare Malaspina non era il desiderio di ricchezze o di conquiste, ma la sete di conoscenza. Malaspina aveva osservato Cook e gli altri esploratori che stavano compiendo le loro imprese e aveva capito che l’epoca delle grandi esplorazioni andava finendo. Era giunto il momento di “conoscere” le terre scoperte in tutte le loro peculiarità, coinvolgendo astronomi, cartografi, geologi, zoologi, botanici, specialisti di scienze umane e sociali. Malaspina spiegò al Re che le informazioni ricavate avrebbero arricchito il sapere di tutte le nazioni europee garantendo grande prestigio alla Corona di Spagna.

Con questo spirito, la selezione del supervisore scientifico, dei naturalisti di bordo, del cartografo e dei pittori e disegnatori venne compiuta tra i migliori professionisti disponibili in Spagna e all'estero, superando in molti casi le resistenze nazionali. Insomma una spedizione scientifica come ne vediamo oggi, ma con duecento anni di anticipo. L’impresa durò cinque anni, dal 1789 al 1794, e toccò Argentina, California, Alaska, Nuova Zelanda e molti altri territori. E durante questo lungo viaggio non ebbe, praticamente, casi di scorbuto. A bordo, infatti, erano note le teorie di Lind e grazie ai rifornimenti nei diversi approdi, si consumavano regolarmente arance e limoni. Quando le corvette rientrarono a Cadice, Malaspina annotò: «Finalmente le Corvette non sono state nientemeno felici quanto alla conservazione della salute de' respettivi equipaggi. La loro perdita si riduce a tre o quatro persone per ciascheduna». Una vera e propria conquista scientifica all’altezza della spedizione.

Un mondo globale dopo Trafalgar

La Battaglia di Trafalgar (1805)
La Battaglia di Trafalgar (1805)

Nel 1805, ventisei anni dopo la morte di Cook e a undici anni dal rientro di Malaspina a Cadice, la marina inglese aveva capito l’importanza di una dieta ricca di vitamina C per i marinai. La svolta definitiva era stata impressa dieci anni prima: dalla traversata della Suffolk, arrivata in India con un viaggio di quattro mesi senza casi di scorbuto, i capitani delle navi avevano richiesto succo di limone o lime per i propri equipaggi. I marinai britannici cominciarono a godere di una salute migliore dei loro colleghi europei e questo avrebbe fatto la differenza nella battaglia navale più importante dell’epoca: Trafalgar. Il 21 ottobre 1805, nel mezzo delle guerre napoleoniche, la Royal Navy affrontò la flotta di Francia e Spagna nelle acque dell'Atlantico ad ovest di Capo Trafalgar, vicino a Cadice. Le navi britanniche, grazie al genio del loro ammiraglio Horatio Nelson, colsero la vittoria sul mare più decisiva della guerra.

Ventisette vascelli da guerra britannici sconfissero trentatré navi da guerra franco-spagnole, agli ordini dell'ammiraglio francese Pierre Charles Silvestre de Villeneuve. I francesi persero due terzi delle navi, i britannici nessuna. Il migliore stato di salute degli equipaggi britannici, garantito da un consumo regolare di vitamina C, aveva giocato un ruolo nella vittoria. La battaglia di Trafalgar concluse la lunga rivalità sui mari tra Inghilterra e potenze europee. Ma quella sfolgorante vittoria inglese non avrebbe potuto aprire il mondo alla prima vera globalizzazione senza il sostegno di quel piccolo nutriente, la vitamina C, che permetteva ai marinai inglesi di raggiungere in sicurezza ogni angolo del globo. Con gli anni, quella frutta consumata dai marinai si è trasformata in integratori di vitamina C artificiale, realizzata con processi di sintesi. Oggi, però, è possibile produrre nuovi integratori alimentari con vitamina C al 100% naturale e biodegradabile.

Questo articolo nasce dalla collaborazione fra VDNEWS e Aboca, healthcare company italiana che si occupa di cura della salute, le cui proposte sono realizzate nel rispetto dell’organismo e dell’ambiente.

Aboca, grazie alla sua ricerca ha ottenuto un integratore alimentare, Vitamin C Naturcomplex, 100% naturale e biodegradabile, con Acerola fonte di Vitamina C, che fornisce la dose giornaliera consigliata di Vitamina C insieme alle altre sostanze naturalmente presenti nell’estratto di acerola.

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