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Come il lockdown ha cambiato la mente degli adolescenti

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Più resilienti ma anche più fragili: sono i giovani tra i 12 e i 24 anni, risparmiati dalle conseguenze fisiche del Covid, ma non dalle sue ricadute psicologiche. Secondo una ricerca dell’inglese Health Foundation, sono infatti gli adolescenti a pagare il prezzo più alto in termini di disturbi d’ansia e dell’umore rispetto agli adulti. E se ansia e depressione erano già diffusi tra i giovani prima del coronavirus, la pandemia ha aggravato il panorama.Tanto che il Sistema sanitario nazionale sta pensando di attrezzarsi con centri di prima accoglienza per gli adolescenti con problematiche ansiose e depressive.

Essere giovani durante la pandemia

Marco ha 22 anni e lavorava come PR in una discoteca. Il Covid ha stravolto i suoi piani: con i locali chiusi ha cominciato ad avere paura. Paura per il futuro, più che per il contagio, e che si è trasformata in forti attacchi di panico. Ma non è l’unico. Anche Giulia è assalita da stati d’ansia «che non aveva mai provato prima». E poi c’è Caterina, 23 anni, che invece è spaventata dal virus. «Il periodo era già stressante di per sé. Poi è arrivato il coronavirus. Sono stata messa alla prova: lezioni ed esami online, niente biblioteche, niente affetti. Ma ho vissuto peggio la fase due, un po’ per la paura della malattia, un po’ perché ho visto poca attenzione e rispetto delle regole». Alessia, 17 anni, ha visto il nonno del fidanzato morire di coronavirus. Adesso tornare a scuola la spaventa. «Non potrò nemmeno abbracciare i miei compagni», dice. Sara, invece, dice di aver perso autodisciplina. «L’aumento di incertezza per il futuro ha spiazzato il mio costante impegno». «Mi sento come se qualcosa della mia esistenza fosse andato perso», racconta Stefano. Storie dalla prima linea di quella che lo studio inglese definisce come la generazione Covid-19.

Come il coronavirus ha cambiato la mente dei più giovani

Secondo la ricerca inglese, gli under 25 sono tre volte meno felici rispetto a due anni fa, la metà lotta per concentrarsi, mentre l’impatto del covid sulla salute mentale è definito preoccupante. E in Italia? «Non abbiamo dati ufficiali, ancora manca la conferma sperimentale, ma le antenne sui territori riportano questa linea di tendenza nei più giovani», spiega il professore Massimo Di Giannantonio, presidente della Società Italiana di Psichiatria. «Il primo segnale a cui prestare attenzione è l’alterazione del ritmo sonno-veglia, che è dannoso per le attività metaboliche e il sistema nervoso centrale. Poi ci sono tutta una serie di sintomatologie psichiatriche, come l’ansia, che può cronicizzarsi fino a sfociare in attacchi di panico, e disturbi dell’umore come la depressione, complicata dall’uso di sostanze psicoattive. Non a caso il sistema sanitario nazionale si sta attrezzando con centri di prima accoglienza per queste patologie».

Ma il cervello dei più giovani cambia più facilmente

Esposti precocemente alla paura della morte e della malattia e bombardati dai bollettini dei telegiornali, i più giovani hanno vissuto in un costante stato di allarme che ha scatenato o peggiorato le sintomatologie ansiose e depressive, modificando il loro modo di approcciarsi alla vita. Ma Eleonora Iacobelli, psicologa, psicoterapeuta, presidente dell’associazione Eurodap e responsabile Trainer BioEquilibrium, confida nella plasticità neuronale degli adolescenti, maggiore rispetto a quella degli adulti, che può rivelarsi un’arma importante contro questi disturbi. Anche se non bisogna trascurare la fragilità tipica di quest’età. «Bisogna stare attenti, altrimenti i disagi si strutturano. Quindi è importante parlare delle proprie sensazioni, anche con i coetanei, vincendo la paura di sentirsi sbagliati». Ad aver impattato maggiormente sulla mente degli adolescenti, il lockdown. «La quarantena ha portato con sé l’impossibilità di socializzare, se non attraverso i canali tecnologici. Un processo diverso rispetto alla socializzazione dal vivo. La tecnologia non può sostituire la realtà». E infatti, allentate le restrizioni le discoteche sono tornate subito a riempirsi, così come i bar all’ora dell’aperitivo. «C’è stato un effetto lockdown: dopo tre mesi chiusi in casa, c’è stata un’esplosione». Un’altra problematica ha riguardato gli spazi. «Per gli adolescenti è stato difficile avere una propria autonomia. Chi è tornato a casa dai genitori ha vissuto un’esperienza di cambiamento importante che ha risucchiato molte risorse psichiche: si sono modificate le relazioni, portandosi dietro, in alcuni casi, anche frustrazione, sullo sfondo di un futuro sempre più incerto».

Dobbiamo smettere di criminalizzare i giovani

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