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Ansia e depressione, ecco perché fare il docente è un mestiere usurante

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Quante volte avete sentito dire: «beato te che fai l’insegnante, coi tuoi tre mesi di vacanza e il lavoro solo la mattina»? Ecco, non c’è una pugnalata più forte di quella che potete infliggere a chi lavora nella scuola di questa frase. Anzi una c'è. Negli ultimi giorni il Governo ha accettato di classificare l'insegnamento tra i mestieri usuranti come il magazziniere o il conducente di mezzi agricoli, mansioni per cui scatta la pensione a 63 anni. Attenzione però, non tutti i docenti, solo quelli della scuola primaria e questo vuol dire che per un professore delle scuole superiori che a volte ha classi di 30 alunni (trenta, alla faccia del distanziamento) il principio non vale. Ecco l’altra pugnalata, perché ogni traguardo in questo settore è sempre un traguardo a metà. I docenti sono così abituati a sentirsi abbandonati che ogni cenno di attenzione a loro rivolto lo prendono come un miracolo.

I sindacati sono contenti per questa conquista a metà

Se conoscete degli insegnanti sapete che il lavoro non finisce mai quando suona la campanella. Ogni giorno i docenti sbrigano una montagna di carte tra verbali da compilare, corsi di formazione, collegi dei docenti, ricevimenti coi genitori e con gli specialisti per i casi più delicati, riunioni e programmazione del lavoro. L’insegnante è di solito solo in mezzo alla burocrazia e si trova a fare un po’ da psicologo alle famiglie, un po’ da assistente sociale, un po’ da famiglia lui stesso per questi bambini con cui passa più tempo dei genitori. Ma chi pensa a lui? Ecco come si presenta lo stress, con la sensazione di essere soli.

Gli studenti pagano il prezzo dello stress degli insegnanti

Orizzonte Scuola, uno dei siti web di riferimento per i docenti in Italia, giorni fa riportava le parole di una psicologa a cui aveva commissionato un’importante ricerca: «l’insegnamento è considerato tra le professioni più predisposte allo sviluppo di problemi di salute mentale (ansia, depressione, rabbia, etc.), malattie fisiche (mal di testa, ulcera, reattività cardiovascolare, etc.), o sintomi comportamentali (assenza per malattia, minore impegno, assenteismo, etc.)». In questo senso è da leggere la scelta di classificarlo come mestiere usurante. Ora, tutto ciò non sarebbe un problema se non fosse che gli insegnanti sono coloro che formano gli adulti di domani, coloro a cui affidiamo i nostri figli o a cui ancora siamo affidati. Un insegnante stanco, demotivato, depresso non può che far danni sulle giovani menti.

Da studente ho ricordi di professori che crollavano per la rabbia e le provocazioni dei ragazzi (lo sapete, sanno essere tremendi) e da docente ho assistito a colleghi che avevano dei crolli emotivi. Sempre da studente ho visto ragazzi abbandonare gli studi solo perché non erano stati compresi. Questo per dire che una cosa la so: la vita di una persona può prendere una strada oppure un’altra proprio negli anni scolastici, e ora lo so anche come docente.

Le difficoltà del mestiere più delicato e importante

Quello che sarebbe un lavoro vocazionale, delicatissimo, ovvero l’educatore, si è negli anni trasformato in una sorta di grande parcheggio professionale e umano. In Italia abbiamo gli stipendi dei docenti più bassi d’Europa e un tasso di precari altissimo (a breve ci sarà forse un mega concorso che è puro nozionismo per assumere un po’ di docenti, ma per fare il professore delle scuole superiori non esiste una facoltà di laurea come per il medico, chiunque con qualche esame universitario può insegnare), problema che non fa che allontanare le menti migliori dall’insegnamento. Perché uno dovrebbe formarsi, studiare e aspettare per anni un concorso per diventare di ruolo per poi guadagnare quanto un impiegato di call center?

Purtroppo in Italia la politica si occupa di scuola solo nel periodo elettorale e ad ogni cambio di governo segue un cambio di rotta e una riforma mancata che diventano come un eterno giorno della marmotta, in cui ogni mattina si resettano i progressi del giorno precedente e tutto rimane sempre uguale. Una trappola, insomma. La scuola italiana attualmente non ha i mezzi per fare la differenza, lo dimostrano le cifre degli investimenti degli ultimi anni (66 miliardi investiti in un anno nel 2020 contro i 134 della Germania rendono l’idea?).

La scuola è tenuta in piedi da pochi ottimi insegnanti

Sapete invece come funziona la scuola? La scuola funziona grazie ai singoli. Per ogni insegnante assenteista, demotivato, pigro o in difficoltà ci sono quelle persone che ti cambiano la vita, che si rimboccano le maniche e portano tra i banchi tutta la loro conoscenza e il loro entusiasmo. Una grande squadra di docenti, dirigenti, bidelli (ormai è vietato chiamarli così, sono stati burocraticamente ribattezzati “personale ATA”) che tiene in piedi l’istituzione più importante d’Italia.

Alla notizia della categoria degli insegnanti classificata come lavoro usurante sul web sono infatti girati meme e battute acide. Colpa di pregiudizi, scarsa conoscenza dell’argomento e di malignità ormai radicate nella coscienza collettiva che dipingono i docenti come dei nullafacenti. Denigrando il loro lavoro dissacriamo pure la loro funzione senza renderci conto che il danno è per tutti.

La manifestazione di insegnanti e studenti per la scuola

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