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Abbiamo bisogno di un milione di laureati, ma siamo tra quelli che li pagano meno in Europa

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In Italia ci servono 1,2 milioni di laureati, ma siamo tra quelli che li pagano meno in Europa. Stando alle previsioni dello studio condotto da Unioncamere e Anpal, nel periodo 2021-2025 il fabbisogno di giovani con la corona d’alloro dovrebbe attestarsi a 228-239mila all'anno. Una stima legata a un innalzamento dei livelli formativi associati alle offerte di lavoro richieste dal mercato. Quindi ci serviranno persone più qualificate, dai laureati in Lettere Moderne, a quelli nel settore economico. Ma la vera sfida è dare loro una paga dignitosa. E intanto, nel 2018, la percentuale di laureati, tra i 25 e i 64 anni, era solo al 19%. La metà della media Ocse, che era invece del 37%.

Le lauree migliori per lavorare

Secondo lo studio di Unioncamere e Anpal, la quantità di laureati in ingresso sul mercato del lavoro italiano nel quinquennio 2021-2025 sarà di 193mila all’anno, minore rispetto a oggi. Nel 2020, infatti, abbiamo avuto circa 290mila laureati, stando ai dati AlmaLaurea. «Questa quantità è determinata al netto delle componenti di stranieri che cercano lavoro fuori Italia – pari a circa 38mila unità per il periodo 2021-2025 – e di italiani che cercano lavoro all’estero – pari a circa 54mila unità», si legge nel rapporto. Rischiamo, dunque, di avere meno laureati rispetto a quanti ne abbiamo bisogno. Una contrazione che per alcuni è legata anche all’effetto Covid, oltre a una generale perdita di attrattiva dei nostri atenei.

Per lo studio, avremo bisogno principalmente di laureati dell’area economico-statistica, con una domanda media annua compresa tra 36-40mila unità. Al secondo posto,si piazzano i laureati dell’area giuridico e politico-sociale, per cui si prevede una richiesta di oltre 39mila unità. Seguono l’indirizzo medico-sanitario, con un fabbisogno stimato tra 33-35mila laureati, gli indirizzi di ingegneria, con una domanda compresa tra 31-35mila unità, e insegnamento e formazione, comprese le scienze motorie, per cui si stima che saranno necessari circa 25mila laureati per ciascun anno di previsione, mentre per quanto riguarda i laureati nel settore letterario, filosofico, storico e artistico, il fabbisogno sarà di 13mila unità.

Quanto paghiamo i laureati e i cervelli in fuga dall’Italia

«Sono morta quando a un colloquio mi hanno offerto, per un full time, 800 euro al mese per un anno», racconta Cinzia, ingegnera. «”Dopo un anno si passa a 1.000 fino a diventare una senior a 1.200 euro al terzo anno”, mi hanno detto. Ma la parte stupenda è stata quando il tipo mi ha elencato i strabilianti benefici del lavoro: "hai la tua scrivania, ti possiamo dare tutte le penne e i fogli che ti servono, se vai a fare una trasferta fuori regione ti rimborsiamo la benzina e puoi farti due caffè al giorno alla macchinetta”». C’è a chi, invece, hanno offerto 500 euro per lavorare come ingegnere con la sola promessa del «poi si vedrà». Ad altri è andata meglio. A Marco, strutturista, alla prima esperienza hanno offerto una collaborazione a 1250 euro lordi al mese. «Poi mi hanno proposto 1.500 euro lordi con partita iva, dei quali mi sarebbe rimasto 750 euro grazie al fantastico mondo della gestione separata INPS e il sistema del saldo e acconto, non essendo iscritto alla cassa degli ingegneri».

Secondo Eurostat, la retribuzione media annua di un laureato è di 28.000 € lordi: tra le più basse in Europa. E così i laureati diventano cervelli in fuga. I giovani che hanno lasciato l’Italia sono infatti cresciuti del 41,8% rispetto al 2013. Su questo punto si è espressa anche la Corte dei conti: «la “fuga di cervelli” non è compensata da un analogo afflusso di persone altamente qualificate dall’estero: il saldo netto è, dunque, negativo». In assenza di un «moto circolare dei cervelli» le università italiane formano giovani laureati che contribuiscono poi alla crescita di altri Paesi. Con ricadute sulla competitività del Belpaese: insomma, laureatevi che Dio vi aiuta.

Il futuro della scuola secondo Isaac Asimov

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